Ho letto l'altro giorno le giuste osservazioni del "Fatto Quotidiano" sul caso Muraro. In un corsivo, firmato Val. Pa., si spiegava come le telefonate tra Salvatore Buzzi (presunto capo della mafia romana, ora al 41 bis nel carcere di Badu' e Carros) e la futura assessora della giunta Raggi, non contenevano nessun elemento che possa provare eventuali reati della Muraro. Verissimo. Era ora che qualcuno lo dicesse, perché nei giorni scorsi quasi tutti i giornali hanno condotto un attacco abbastanza esplicito all'assessora - e di conseguenza alla sindaca che l'ha scelta - basandosi su elementi nessuno dei quali è sufficiente a chiederne le dimissioni.Non c'è alcuna legge che proibisca il conflitto di interessi, e dunque nulla impedisce alla Muraro di accettare l'assessorato all'ambiente, anche se in questo modo assumerà il controllo di un ente - l'Ama - con il quale ha un contenzioso di svariate decine di migliaia di euro dovuti a parcelle contestate. Così come nessuna legge proibisce alla Muraro di parlare al telefono con Buzzi e parlare con lui di appalti. Anche perché, al momento della telefonata, Buzzi era solo un ex detenuto che aveva scontato la pena, non era ancora l'imputato numero 1 di mafia capitale. E comunque - cosa che il Fatto non scriveva, ma penso fosse sottintesa - nessuno ancora ha dimostrato che la corruzione, a Roma, fosse davvero legata alla mafia. Io, per esempio, non ci ho mai creduto.Sul tema del conflitto di interessi della Muraro è intervenuto domenica anche il direttore del giornale, Travaglio, il quale ha spiegato che è impensabile un conflitto di interessi, per la Muraro, dal momento che accettando di fare l'assessora ha anche accettato uno stipendio molto inferiore ai guadagni che avrebbe potuto continuare a fare restando una privata cittadina e professionista. Dunque, che interesse aveva? Ragionamento del tutto convincente, anche se, devo dire, ho l'impressione che anche Berlusconi, prima di scendere in politica, guadagnasse un gruzzoletto più consistente dello stipendio che poi gli hanno assegnato come parlamentare. E dunque mi viene il sospetto, e forse viene anche a Travaglio, che tutta ?sta storia del conflitto di interessi di Berlusconi fosse un po' una balla...Resto però un po' stupito quando, sempre sul Fatto, leggo un articolo del direttore dell'edizione online, e cioè Peter Gomez, il quale sostiene una tesi curiosa: dice che è vero che il senatore Caridi è stato spedito in cella, però con un voto non unanime di Palazzo Madama; e questo voto non unanime è l'annuncio che ("se andiamo avanti così") la mafia l'avrà vinta.Perché? Beh, Gomez spiega che nelle carte inviate dalla Procura di Reggio Calabria alla giunta delle autorizzazioni (circa 4000 pagine consegnate il 28 luglio, concedendo all'imputato Caridi termini a difesa generosi: tre giorni per leggere tutto, studiarlo, farlo vedere agli avvocati, preparare le controdeduzioni e preparare la difesa: in Russia, ai tempi di Vysinskij, il Pm di Stalin, a volte gli imputati avevano anche quattro giorni di tempo) in quelle carte risultano delle telefonate che non lasciano scampo. Scrive testualmente Gomez: «Dalle intercettazioni emerge come il senatore, per anni, in campagna elettorale, fosse andato a braccetto con parenti di importanti capomafia.... », per esempio Jimmy Giovinazzo, «marito di una nipote del capobastone Girolamo Raso», il quale ? Giovinazzo - una volta chiamò Caridi e gli disse: «Dobbiamo stabilire un sacco di appuntamenti: ci sono amici che ti vogliono votare, ma devi passare una mezz'ora con loro». «Queste chiacchierate» commenta Gomez «erano chiare».Chiare? Beh, si abbastanza. Questo Giovinazzo organizzava evidentemente delle assemblee elettorali, o forse addirittura dei comizi per il candidato Caridi. E se non le organizzava, comunque suggeriva a Caridi di farle. Non è reato? Pare che effettivamente al momento non lo sia. Così come nel codice penale ancora non si trova "tipizzato" il delitto di "esser marito della figlia della sorella" di un presunto boss. Non sarà reato - immagino che sia questo il pensiero di Gomez ? ma comunque è una bruttissima cosa e il Senato, invece di perdersi in tante sofisticherie, poteva almeno votare all'unanimità, e con applauso, l'arresto dell'infame.C'è poco da scherzare, sul caso Caridi. L'altra notte il senatore è stato prelevato da Rebibbia e trasportato in Calabria, in modo da impedire troppe visite fastidiose, magari di parlamentari. E in modo da rendere più dura possibile la carcerazione. In questi casi molti magistrati pensano: «Se sta molto mnale, se ha paura, se soffre, magari parla e accusa qualcuno». Ieri gli è stato proposto l'interrogatorio di garanzia senza che lui avesse potuto incontrare gli avvocati. Non sarà persecuzione, ma - insomma - un po' gli si avvicina. Comunque è qualcosa che con lo Stato di diritto proprio non ha niente a che fare.Ora io vorrei fare un ragionamento semplice semplice. Partendo da questa domanda: perché questo Giovinazzo dovrebbe essere molto diverso da Buzzi? Voglio dire: io credo che nessuno possa contestare alla Muraro di avere parlato con Buzzi, di appalti (non di assemblee o comizi), ma se invece qualcuno pensa che parlare con Giovinazzo sia patente prova di mafiosità, che rende una persona meritevole di arresto immediato, beh, allora, francamente, ?sta povera Muraro dovrebbe non solo essere rimossa su due piedi dall'incarico di assessora, ma ammanettata e trascinata anche lei a Reggio Calabria!Per fortuna non è così. E io spero che la Muraro resti assessora e che la Raggi possa lavorare in pace e cercare di risolvere i problemi di Roma. Spero anche che qualcuno intervenga sul caso Caridi. Perché lì c'è un vero e proprio sequestro di persona, compiuto con l'avallo del Parlamento, e questo non è bello. E' una ferita grave per il nostro sistema, difficile da rimarginare se non si fa presto. A prescindere dalla colpevolezza o dall'innocenza di Caridi. Al momento, per quel che ne sappiamo, Caridi è innocente e basta.P. S. Mi ha colpito un fatto che mi è stato raccontato. Pare che tra i senatori che si sono accaniti particolarmente contro Caridi, e ne hanno chiesto l'arresto, ci siano il senatore Morra, dei 5 stelle, e la senatrice Lo Moro, del Pd. Tutti e due calabresi. Probabilmente nessuno dei due aveva letto le carte inviaste dai magistrati. Altrimenti avrebbero saputo che in quelle carte il famoso Romeo (che sarebbe più o meno, dicono, il capo di tutte le cupole mafiose del mondo) diceva a un suo interlocutore che gli emendamenti alla legge su Reggio Calabria non doveva presentarli Caridi, ma era meglio chiedere a Lo Moro e a Morra. Che vuol dire? Niente di niente per lo Moro e Morra, chiamati in causa a loro insaputa da intercettazioni a valore zero. Il problema è che magari, se lo avessero saputo, si sarebbero resi conto che le intercettazioni valgono zero per loro e valgono zero per Caridi, perché in un caso e nell'altro non dicono niente. E avrebbero messo meno foga nel rispettare le indicazioni di partito e chiedere l'arresto del loro collega.