Il fine nascosto del 41 bis che rende la detenzione inumana e degradante non consiste solo nel ledere la dignità del condannato, ma offende la stessa cultura del diritto. Lo afferma, in una nota, l'osservatorio carceri dell'Unione delle Camere penali. Nei mesi scorsi, la commissione carcere della Camera Penale di Roma, aveva sottoposto all'osservatorio un'iniziativa: inviare a tutti i detenuti in 41 bis un questionario sulla loro vita detentiva in tutti gli aspetti caratterizzanti, destinato a ricavarne - a fini di studio e di denuncia - dati significativi sulle condizioni di privazione del regime di massima afflizione (descrizione della cella, salute e accesso alla cura, attività svolte, trattamento, socialità, colloqui con familiari e avvocati, corrispondenza, vitto, sopravvitto e quanto altro si ritenesse di segnalare) e sulle conseguenze di esse. L'osservatorio ha raccolto l'iniziativa della commissione carcere e a settembre, dopo un'interlocuzione con il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, farà pervenire a ciascun detenuto ristretto ai sensi del 41 bis Ordinamento penitenziario, il questionario.Grazie alla collaborazione di Camere penali Tv, sono stati, dall'osservatorio carceri, realizzati inoltre, due video, con un'intervista a un ex detenuto, che ha scontato 4 anni di carcere, di cui 3 in alta sicurezza e l'ultimo al 41 bis. È il racconto di un oscuro e tragico percorso detentivo. Il primo filmato è disponibile sul sito della web tv dell'Unione delle Camere Penali Italiane. Il secondo sarà pubblicato a settembre. L'osservatorio carceri denuncia di non comprendere le ragioni di un aggravamento del regime per chi già è da tempo, in Alta Sicurezza e certamente non è capo di un associazione criminale. "È evidente - chiosa l'osservatorio attraverso il comunicato - che la finalità del provvedimento non può essere impedire i collegamenti con l'esterno, ma va ricercata altrove". Partendo da questi due casi concreti l'osservatorio carceri delle Camere penali individua prassi e regole che non sono in linea con lo spirito della norma, in quanto la limitazione dei diritti acquista quasi sempre unicamente un valore afflittivo supplementare rispetto alla privazione della libertà personale, come tale incompatibile con la finalità rieducativa della pena come delineata nell'art. 27, comma 3, della Costituzione. Nel comunicato vengono spiegati i provvedimenti che si dovrebbero attuare nel rispetto dello stato di diritto: eliminare tutte le limitazioni che hanno esclusivamente carattere punitivo, come il tempo di uscita dalla stanza, talmente ridotto che penalizza la salute stessa della persona; il numero e la durata dei colloqui, sia visivi che telefonici, che non consentono un effettivo rapporto con la famiglia e compromettono quegli affetti necessari alla stessa sopravvivenza; come i divieti di lettura, inutilmente dannosi per l'effettivo recupero del soggetto.Va istituito - come esplicitamente affermato anche nella relazione del Comitato di Esperti degli Stati Generali - il controllo giurisdizionale (garantito dall'art. 13 della Costituzione, per tutte le limitazioni inerenti alla libertà personale) sull'adeguatezza dell'intervento ablativo del ministro della Giustizia; va rimossa l'anomalia processuale della competenza esclusiva del Tribunale di Sorveglianza di Roma su tutti i reclami con cui si contesta l'instaurazione e la proroga del regime differenziato; vanno, infine, rimodulati i segmenti temporali, sia quello iniziale, sia quello di eventuali proroghe, da disporre solo dopo un effettivo contraddittorio tra le parti, dinanzi al magistrato. L'osservatorio carceri conclude con l'impegno di coinvolgere in questa battaglia impopolare tutte le Camere penali territoriali, per ribadire e rafforzare i loro  principi di fronte ad una politica che non vuole la crescita culturale del Paese, ma solo immediato e facile consenso.