Il suo nome nell’inchiesta “Mafia Capitale” aveva fatto molto rumore. Contro Maurizio Venafro, capo di gabinetto di Nicola Zingaretti, era partita una vera e propria campagna denigratoria nel tentativo di colpire lo stesso governatore del Lazio. Il consigliere del Movimento 5Stelle, Davide Barillari, si affrettò a twittare “#mafiaregionale Richiesto rinvio a giudizio per Venafro. Zingaretti cosa aspetti a dimetterti? Fuori la mafia dalla Regione Lazio”. Ora come si fa osservare sui social “qualcuno dovrebbe avere la decenza di chiedere scusa”.Ieri i giudici della seconda sezione penale del Tribunale di Roma hanno assolto Venafro con formula piena dall’accusa di tentata turbativa d’asta per appalto nel 2014 del servizio Cup, il centro unico di prenotazione delle prestazioni sanitarie. I giudici hanno, invece, condannato a un anno e quattro mesi di reclusione Mario Monge, dirigente della cooperativa Sol. Co.Venafro si è sempre proclamato innocente e, appena aveva appreso di essere indagato si era dimesso da ogni incarico, ringraziato dallo stesso Zingaretti che ha sempre sostenuto la trasparenza del suo collaboratore.In aula l’ex capo di gabinetto lo aveva ribadito: «Non ho fatto favori a nessuno. Se Luca Gramazio mi avesse chiesto qualcosa sull’aggiudicazione dell’appalto lo avrei scaraventato fuori dalla finestra». La sentenza di ieri gli ha dato ragione, respingendo la richiesta del pm Paolo Ielo, che aveva chiesto la condanna a due anni e mezzo per la turbativa d’asta e l’assoluzione per la rivelazione del segreto d’ufficio per Venafro.Soddisfatto Zingaretti che a caldo ha detto: «Sono contento per Maurizio. Ha affrontato questa vicenda in maniera esemplare, dimettendosi per una questione di opportunità dopo l’avvio delle indagini nei suoi confronti, convinto della sua innocenza. Ha combattuto nel processo per difendere le sue ragioni senza concedere mai nulla alla polemica pubblica. Tutto questo conferma che è importante avere fiducia nel lavoro della magistratura e nel sistema processuale». Il governatore Zingaretti non ha però risparmiato delle frecciate velenose: «Meno fiducia ho nel mix tra una certa cattiva stampa e molta cattiva politica che trasforma le indagini, gli avvisi di garanzia e i rinvii a giudizio in condanne prima dello svolgimento dei processi. Grave regressione culturale e politica che danneggia la democrazia italiana».