Seppellire i morti. È il gesto più bello, più antico, su cui si è fondata la nascita della civiltà. Ma oggi non è più così. Basta vedere la reazione che c’è stata al recupero dei migranti in mare. È scoppiata una polemica feroce. Motivo: i costi. Come è possibile - è stata la reazione di molti - spendere del denaro, il nostro denaro per dare una sepoltura a persone considerate non degne?! «Lasciateli in mare, non preoccupatevi per loro». Uno choc. Eppure da Priamo ad Antigone la storia della cultura greca ci ha insegnato a rispettare i morti, anche quando sono nostri nemici. Che cosa è accaduto alla nostra società per diventare così disumana?Seppellire i morti, dare loro degna sepoltura. Fare un ultimo gesto di pietà nei confronti di chi ci ha lasciati. E’ il gesto più bello, più antico, su cui si è fondata la nascita della cultura, della civiltà. Eppure questo gesto così antico, così fondante oggi sembra essere messo tra parentesi: dimenticato, calpestato, preso a calci. Il mostro nazionalista che si sta espandendo nel cuore dell’Europa porta con sé anche questo spauracchio: non vogliamo più seppellire i morti, i nostri morti. Vogliamo distruggere la nostra civiltà. La nostra umanità.Come altro infatti valutare le reazioni alla notizia che sono stati recuperati i corpi del più grande naufragio di migranti di un anno fa? Invece di apprezzare l’iniziativa che vede, tra gli altri, impegnata la marina militare italiana e che riporta a terra e identifica i cadaveri di circa 700 migranti, è scoppiata la polemica. Una polemica feroce. Motivo del contendere sono i costi: come è possibile - è stata la reazione di molti - spendere del denaro, il nostro denaro per dare una sepoltura a persone considerate non degne?! Uno choc. Un brutto risveglio per chi, pur conoscendo bene l’odio nei confronti dei migranti e del diverso, non pensava si potesse raggiungere un livello tale di barbarie, di inciviltà. Radiotre, con i programmi della mattina Prima Pagina e Tutta la città ne parla, hanno avuto modo di registrare questo odio, questo disprezzo. Persone apparentemente tranquille che però protestano: quei corpi non vanno recuperati, vanno lasciati lì. Senza pietà. Nel fondo del mare. Perché? «Perché così buttate i soldi».PriamoIl professore di Storia della filosofia, Umberto Curi, intervistato dal programma Tutta la città ne parla, ha spiegato che i greci, a differenza di quanto molti pensano, non amavano il mare. Non lo amavano perché chi moriva in mare, non poteva essere sepolto. «Solo il fatto di poter inumare i morti, - ha spiegato Curi - poteva far parlare di una degna sepoltura». Le grandi civiltà del passato sorgono là dove è più forte il culto dei morti e dei sepolcri.Priamo, il re di Troia sconfitto, non ha dubbi: si umilia davanti al nemico Achille, gli stringe il ginocchio, gli bacia le mani. E gli chiede di poter riavere il corpo del figlio Ettore per poterlo seppellire. Lo spietato e sanguinario Achille non pensa ai costi, non pensa di infierire su chi ha già sofferto. No, lui no. È mosso a pietà e ridà al vecchio re il corpo del figlio.AntigoneLa legge degli Dei vince su quella dell’uomo. È la legge morale, è il limite stabilito attraverso cui gli umani sono umani. Non c’è ragion di Stato che tenga davanti alla pietas nei confronti dei vivi e dei morti. L’Antigone di Sofocle rende celebre questo contrasto: da una parte la legge del re Creonte, dall’altra il rispetto dei morti. Creonte ordina di non seppellire Polinice, ma Antigone lo sfida per fare quello che gli Dei vogliono: non lasciare abbandonato il corpo del fratello. La giovane eroina viene punita. Ma preferisce morire piuttosto che tradire quello che considera un principio inderogabile. È la sfida all’autorità spietata, la sfida di una giovane donna all’uomo che detiene il potere. La catarsi avviene dopo tanto dolore, ma non ci sono dubbi: anche chi ha sbagliato, anche chi ha tentato l’assalto al cielo (Polinice vuole prendere il posto di Creonte e sfida il fratello Eteocle) deve essere sepolto.I nostri morti?La cronaca di questi giorni ci ha offerto due scenari diversi, quasi opposti. La (giusta) accoglienza per le vittime dell’attentato in Bangladesh e la rabbia per il recupero dei migranti in mare. Il sospetto diventa realtà. Ciò che dà fastidio è che quei corpi non siano nostri. Non siano vittime “nazionali”, siano migranti, siano diversi. Questa è l’amara verità. Ma non è meno grave, non sminuisce la crisi di civiltà che stiamo provando a raccontare. Semmai la rende più drammatica.Gli esempi tratti dall’Iliade e dall’opera di Sofocle ci fanno riflettere. Achille cede alla richiesta del nemico. Il corpo di Ettore per lui rappresenta l’alterità, è colui contro cui si è battuto senza alcuna pietà. Ma quando muore, quando il suo corpo deve essere sepolto, non ha più resistenze. Priamo per convincerlo parla del padre che potrà rivederlo. Achille si identifica, entra nel cuore dell’altro. Ed è proprio questo meccanismo di identificazione che oggi manca. Quei morti non riescono a suscitare emozione perché, da una parte della società, sono considerati non tanto e solo nemici, ma fuori dal consesso umano. Non sono corpi di uomini e donne, sono numeri che possono solo essere registrati e contabilizzati. Quanto costano? Quanto ci costano? Non è meglio lasciarli in mezzo al mare? Invece per fortuna non sarà così. Verranno identificati grazie al lavoro di tante Antigoni e potranno essere sepolti. Alla fine di questa tragedia contemporanea, forse la “morale” è questa: l’umanità per quanto messa a dura prova, non è ancora del tutto sconfitta.