Diamo Skype ai mafiosi. Questa è stata l’apertura in prima pagina del Fatto Quotidiano dell’edizione di sabato. Affermazione che l’articolo attribuisce a Gennaro Migliore, sottosegretario alla Giustizia. Secondo l’autore dell’articolo lo avrebbe detto durante la conferenza stampa all’indomani della sua visita – documentata da Il Dubbio – al carcere di L’Aquila dove c’è anche una sezione dedicata al carcere duro. Aveva sì parlato del 41 bis, Migliore, ma in altri termini: «Fermo restando che ci debba essere una piena applicazione del principio per cui il 41 bis è stato pensato - aveva affermato Migliore - ossia l’interruzione dei rapporti e dei legami tra le organizzazioni criminali e i loro capi, bisogna fare una riflessione, così come è emerso anche dagli Stati Generali dell’Esecuzione Penale, su come ci possa essere una maggiore flessibilità rispetto all’applicazione di determinati aspetti di questo regime detentivo».Gennaro Migliore, all’indomani dell’uscita dell’articolo del Fatto Quotidiano - e dell’editoriale di Travaglio che riportava la notizia non veritiera e tirava fuori dal cilindro la solita trattativa stato-mafia dichiarandola ancora in atto - è stato costretto a smentire nonostante l’evidente falsità della notizia: «Nella mia intervista a seguito della visita del carcere de L’Aquila ho parlato ovviamente del regime del 41bis, ribadendo il fatto che esso sia uno strumento indispensabile dell’esecuzione penale. Ho anche ribadito, e lo rivendico con convinzione, che l’applicazione rigorosa del 41bis deve avvenire in un contesto di rispetto dei diritti costituzionali e dei diritti umani. Ne sono convinto e questa è la posizione emersa anche dagli stati generali dell’esecuzione penale, dalle dichiarazioni delle massime autorità dello stato». Il sottosegretario chiosa: «Ma è forse proprio questo il delitto per Il Fatto e per il M5S, che considerano a quanto pare i diritti umani dei pretesti quando non addirittura dei favori ai mafiosi. Tuttavia, nell’articolo de il Centro (giornale abruzzese che riportava un resoconto della visita) era riportata una mia frase sull’uso di skype che, se ci fosse stata buona fede da parte del Fatto, sarebbe stata chiarita dalla mia precisazione, ovvero che quella parte del discorso era ovviamente riferita ai detenuti cosiddetti comuni (per altro presenti anche nel carcere dell’Aquila), al punto tale che ho fatto gli esempi di carceri dove questa opzione è attiva, come Bollate». E conclude: «Allora, in un mondo reale, dovrebbe essere il Fatto a provare la veridicità di una frase che non ho mai pronunciato (ci sono anche delle registrazioni audio e video che sono conservate dai colleghi giornalisti) e non io a smentire quello che non ho mai detto. Ma siamo nel mondo della calunnia a cuor leggero, della batteria degli insulti tirati a caso. Per altro il vero danno, per ottenere un po’ di polemica estiva con l’esecutivo, è disinformare, coinvolgere le associazioni che fanno un lavoro eccellente su argomenti che non esistono».Ad esprimere solidarietà a Gennaro Migliore è stata l’esponente del partito radicale Rita Bernardini: «Crocefisso perché ha detto parole (peraltro, timide e insufficienti) sulla tortura del 41-bis (regime carcerario illegale, anti-costituzionale, violatore di diritti umani fondamentali). Tutta la mia solidarietà a Gennaro Migliore». E ha ricordato la relazione alla proposta di modifica del 41 bis che presentò con i suoi colleghi radicali della scorsa legislatura.Spieghiamo nel dettaglio in che cosa consiste l’utilizzo di skype. Si tratta di una legge che da più di un anno è stata poco applicata. È una realtà che esiste in poche carceri. Secondo l’ultimo rapporto di Antigone sulla situazione carceraria, solo in due carceri i detenuti possono telefonare via skype ai familiari: percentuale di attuazione della legge pari all’1,03 per cento. Il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria aveva emanato la circolare del 2 novembre 2015, a firma di Santi Consolo, indirizzata a tutti i direttori degli istituti penitenziari per dare il via libera all’utilizzo di Skype. ll Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, verificato che sono sempre più numerose le iniziative di natura trattamentale che richiedono l’utilizzo delle moderne tecnologie informatiche nel campo del lavoro, dell’istruzione e formazione e nella gestione del servizio di biblioteca interno e considerato che l’esclusione dalla conoscenza dell’utilizzo della tecnologia potrebbe costituire un ulteriore elemento di marginalizzazione per i ristretti, aveva stabilito otto punti: i detenuti possono accedere ad internet solo nelle sale comuni dedicate alle attività trattamentali, con esclusione delle stanze di pernottamento; la navigazione è consentita verso siti selezionati in funzione delle esigenze legate ai percorsi trattamentali individuali; è consigliabile la presenza di un tutor di sostegno durante le attività, adeguatamente formato dagli operatori specializzati presenti in tutti i Provveditorati Regionali; i controlli sull’hardware, sul software e sulla navigazione devono essere garantiti periodicamente; l’accesso deve essere effettuato su rete separata rispetto a quella dell’istituto ed esclusivamente mediante collegamento via cavo: per cui non è permesso il Wi-Fi e i dispositivi Usb; l’accesso a internet è consentito nei circuiti a custodia attenuata e Media Sicurezza. Per i detenuti appartenenti al circuito Alta Sicurezza o sottoposti a regimi particolari, le Direzioni devono decidere caso per caso. Non è consentito, invece, l’accesso ai detenuti sottoposti al regime ex art. 41-bis; i soggetti pubblici e privati (istituzioni, professionisti, imprese e cooperative) che offrono ai detenuti opportunità trattamentali che prevedono l’utilizzo di Internet devono essere informati sulle modalità individuate; la direzione dell’Istituto deve eseguire tutte le verifiche sull’affidabilità dei soggetti esterni e dei detenuti ammessi al percorso: qualora i controlli dessero esito positivo, verrà trasmessa tempestivamente una segnalazione al Magistrato di Sorveglianza con la proposta di censura.Per finire, su richiesta del vice capo vicario di informazioni sulle eventuali criticità di Skype, il Dap ha chiarito dopo un controllo che non sono emersi particolari problemi, invitando le strutture a implementare l’utilizzo di quel servizio o in alternativa quello fornito da Microsft Lync.Modifica del 41 bis per renderlo più umano visto che è considerato una tortura da tutti gli organismi internazionali, l’utilizzo di Skype per i detenuti comuni. Sono questioni riguardanti il rispetto dei diritti umani, ma nel nostro Paese vengono sempre più spesso scambiati per un favore alle mafie. Lo spauracchio della presunta trattativa mafia-stato è diventato un insostenibile spada di Damocle per lo Stato di diritto.