È di nuovo in circolazione in Italia l’opera fondamentale di A. Hitler Mein Kampf. Non so se essere contento o preoccupato per il fatto che è stato tolto il bando che dalla fine della seconda guerra mondiale gravava su questo libro. Quanto più si progredisce nella lettura tanto più ci si rende conto di quanto tutti noi siamo impregnati dello spirito del nazionalsocialismo, di quanto le categorie culturali del nostro tempo ricalchino quelle che stanno alla base della ideologia nazionalsocialista. Questa può essere l’occasione di un grande esame di coscienza dell’Europa che ci conduca a rivedere profondamente le categorie culturali con le quali pensiamo noi stessi. Oppure può essere l’occasione per accelerare la regressione nella barbarie che caratterizza tanta parte della cultura nella quale siamo immersi. In un certo senso molti di noi potrebbero scoprire con orrore (o con compiacimento?) che eravamo nazisti e non lo sapevamo.Iniziamo con la filosofia di Hitler. Quali sono i presupposti filosofici del nazionalsocialismo?Per prima cosa incontriamo l’evoluzionismo darwiniano elevato a concezione del mondo. Nella Germania di quegli anni queste idee erano nell’aria, soprattutto per opera di E. Haeckel. È appena il caso di osservare che lo scientismo evoluzionistico è anche una componente fondamentale del modo di pensare comune dei nostri giorni. Naturalmente qui la teoria scientifica di Darwin non c’entra, c’entra il fatto che nella mentalità comune essa si trasforma da scienza (che spiega un certo numero di fenomeni propri della biologia) in metafisica che spiega il mistero dell’essere ed in filosofia sociale che spiega il destino dell’uomo. Ma non è proprio in questo modo che essa viene presentata anche oggi alle grandi masse? Il darwinismo popolare genera, allora come adesso, una certa tenerezza verso gli animali ed un certo disprezzo per gli umani. Se siamo tutti parte di una vita cosmica che perennemente si evolve la differenza qualitativa fra l’uomo e gli animali si perde. Siamo autorizzati a trattare gli uomini come se fossero animali e gli animali come se fossero uomini.Se prendete un filosofo che adesso va molto di moda come Peter Singer ritroverete la stessa tenerezza verso gli animali e la stessa negazione della sacralità della vita umana. Oggi parlar male del darwinismo significa essere additati al pubblico disprezzo come difensori di un creazionismo dogmatico e antiscientifico. Nessuno difende la verità fondamentale contenuta nella vecchia idea di creazione: l’uomo ha una dignità che non è paragonabile a quella degli animali e che nessuno ha il diritto di violare. È proprio l’oblio di questa verità il punto di partenza del pensiero di Hitler.L’altro filosofo di Hitler è Nietzsche. Non voglio negare che Nietzsche sia un pensatore che ha molti lati, anche contraddittori fra di loro, e non voglio rendere Nietzsche responsabile del nazismo. È però indubitabile che Hitler costruisce in larga misura il suo pensiero su di uno dei lati del pensiero di Nietzsche. Non esiste una verità oggettiva a cui l’uomo debba obbedire. L’uomo crea lui stesso l’ordine del mondo a partire dalla propria volontà. Questa volontà, che è volontà di potenza e di vita, abita nell’inconscio della razza ed emerge in un individuo che le da forma storica: la Guida (il Führer). Non esiste una ragione che conosca una legge morale che precede la volontà ed a cui la volontà si debba piegare. L’unica legge è quella della lotta a morte per l’affermazione di se (del proprio popolo). La ragione non ha il compito di indicare alla volontà i fini che devono guidarla ma quello di organizzare i mezzi che le permettono di sottomettere a se la realtà. I parallelismi con il postmodernismo attuale sono evidenti.Esiste (per il momento) una differenza: il postmodernismo attuale non tematizza il concetto di popolo e di inconscio collettivo ma in qualunque momento potrebbe cominciare a farlo. Comune al nazismo ed al postmodernismo è l’odio della legge che pone un limite alla volontà ed al desiderio. La legge è sempre un inganno che vuole mettere in catene la volontà. L’ebreo è la personificazione della legge mentre la libertà germanica è la sua negazione. Non la legge astratta ma il concreto rapporto di fedeltà che si stabilisce fra il Führer ed i suoi seguaci deve guidare il popolo. Qui c’è posto anche per un cristianesimo deebraicizzato (e deellenizzato) ridotto ad una malcompresa polemica di S. Paolo contro la legge ebraica che ricorda da vicino qualche corrente della teologia contemporanea. Il Cristo germanico abolisce la legge e le oppone il vincolo personale che unisce i discepoli attorno alla sua volontà che da forma ad un mondo nuovo. Non ci vuole molto per arrivare a vedere nel Führer il continuatore di Gesù che completa la sua opera distruggendo il popolo ebraico. I Cristiani Tedeschi (die Deutschen Christen, corrente teologica protestante) qualche anno dopo la pubblicazione di Mein Kampf, questo passo lo fecero.Dove però emerge tutta la personale (diabolica) genialità di Hitler è nella sua teoria della politica. La teoria politica classica si struttura attorno alla idea di bene comune. Al centro della teoria politica di Hitler c’è l’identificazione del nemico. L’unità del popolo si struttura contro il nemico. Max Scheler (che non era nazista) aveva spiegato in quegli anni che la vita psichica si struttura attorno alle due passioni fondamentali dell’amore e dell’odio ed aveva messo in guardia contro la forza dell’invidia e del risentimento. In ogni società come in ogni individuo singolo esiste un fondo di risentimento che ci si sforza di neutralizzare al fine di rendere possibile un comportamento razionale e civilizzato. Per Hitler l’azione politica deve al contrario mobilitare il risentimento, dargli piena legittimazione, farne la guida dell’azione politica. Per sfruttare in pieno la forza del risentimento bisogna affermare che noi e solo noi siamo il popolo. I nazisti non sono un partito. La parola partito viene per quanto possibile evitata perché evoca la idea di parte e da l’idea che anche altri partiti possano essere parti legittime del popolo. Meglio usare la parola movimento o, meglio ancora, popolo. I nazisti pretendono di essere la parte sana della nazione. Gli altri, gli oppositori, sono la parte malata che va sradicata e gettata nel fuoco. Con essi non si viene a patti, non si argomenta, non si riconosce loro diritto di parola. Non hanno una dignità umana che vada rispettata. L’unica relazione verso di loro è l’invettiva. Non bisogna preoccuparsi nella polemica politica della verità delle cose. Un’unica fondamentale verità sovrasta tutte le altre e le riassorbe in se stessa: il nemico è il nemico e deve morire.Non so se Grillo abbia letto Mein Kampf. Tendo a pensare di no. Se non lo ha letto allora ne ha riscoperto da solo i principi. Per la politica del risentimento il problema non è realizzare il bene comune ma distruggere l’avversario. Sarebbe ingeneroso però vedere in Grillo l’unico discepolo di Hitler nel nostro tempo. Sempre più il linguaggio e l’argomentazione politica si vanno strutturando intorno all’odio verso il nemico piuttosto che intorno alla proposta in positivo di un bene comune. Il tema è sempre: mandiamo a casa Renzi oppure mandiamo in galera Berlusconi. Per quale motivo, se a torto o a ragione, sulla base di quali argomenti e per fare poi che cosa sono considerazioni alle quali non si attribuisce alcuna importanza.Come libro Mein Kampf funziona. Ricorda l’opera di Wagner. Wagner anche lui ha molti lati e uno di questi lati certamente è stato usato da Hitler. L’opera d Wagner mette in scena archetipi fondamentali dello spirito umano, forze potenti che albergano nell’inconscio di ciascuno di noi. Il criterio di verità dell’opera è interno alla soggettività umana, nei personaggi e nella tensione fra di essi rivediamo noi stessi. Avviene la stessa cosa anche in Shakespeare. Pensate per un attimo al Mercante di Venezia ed al personaggio di Shylock, l’ebreo. Lo sentiamo vero e lo odiamo e lo disprezziamo per la sua crudeltà (e anche lo compiangiamo perché Shakespeare ci fa intuire che la sua malvagità è la conseguenza di sofferenze ed ingiustizie che egli stesso ha subito). Odiamo e disprezziamo in lui parti interne di noi stessi ma... Immaginate se rivolgessimo i sentimenti che il dramma suscita in noi non contro il nostro Shylock interno ma contro gli ebrei realmente esistenti trasformando la verità interna dell’opera d’arte in verità politica.Hitler proietta il male fuori di noi nel nemico e ci invita poi a distruggere il male distruggendo il nemico. La sua narrazione è coinvolgente sul piano della rappresentazione artistica ma diventa demoniaca se proiettata sulla realtà. È stato W. Benjamin a vedere nella “estetizzazione” della politica una delle caratteristiche fondamentali del nazismo. Anche qui è evidente la parentela con quello che sta accadendo sotto i nostri occhi. Gli stili si mescolano, il cabaret diventa politica, non vi sono più limiti all’iperbole, ciò che io sento vero (senza nessuna prova empirica) lo metto in scena come se fosse vero e la gente si perde in questa realtà virtuale fino a smarrire la capacità di valutare la situazione e le proposte politiche sul piano della realtà.Come ultima riflessione vorrei consegnare ai lettori un dubbio: non è che per caso siamo (o stiamo diventando) tutti nazisti senza saperlo?