In questi giorni di vigilia elettorale, Platì, paese di tremila abitanti della Locride, in Calabria, è andato sulla prima pagina di tutti i più importanti quotidiani nazionali. Domenica s’è votato ed i candidati a sindaco sono due normalissime persone del luogo: Ilaria Mittica, funzionaria regionale e Rosario Sergi assicuratore. Elezioni normali come in tutti i paesi d’Italia ed, a tratti, quasi noiose. Ma per gli inviati speciali che per tutta la giornata si sono aggirati ai seggi con penna e taccuino, quella di ieri non è stata una normale manifestazione di libertà e di democrazia. A Platì, dietro ogni cosa, c’è sempre la ndrangheta anche se non è spuntata la lupara né il coltello. Anche se uomini e donne sono andati gioiosamente ai seggi e senza pistola alla tempia. Inutile. Qui si è colpevoli a prescindere. L’inviato di un importante quotidiano nazionale dinanzi alla gente che va al voto scrive che a «Platì siamo al Medioevo. Questa è una terra che è Italia solo sulla carta geografica».  (La Repubblica)Ed è vero. Questa è una Terra che non è Italia gli ospedali somigliano tremendamente ai lazzeretti. Non è Italia perché ha il tasso di disoccupazione più alto di Europa. Perché la garanzie costituzionali sono state sospese da tempo. Perché uno Stato intriso di mentalità mafiosa si arroga di sciogliere i consigli comunali democraticamente eletti. Non è Italia perché le classi dirigenti hanno seminato per decenni la malapianta della ndrangheta trasformando un popolo di lavoratori in popolo di emarginati. Non è Italia perché i parlamentari e la classi dirigenti regionali ha scambiato per mezzo secolo i voti della ndrangheta con favori accordati ai mafiosi. Infatti, la ndrangheta per decenni è stata uno strumento di governo, cresciuta persino (o soprattutto) nelle caserme e nei tribunali.Non è Italia perché le disuguaglianze sono più evidente che altrove. Non è Italia perché qui è stata eletta Rosy Bindi che, chiusa in una caserma di Locri, e debitamente a distanza dai “lebbrosi” che l’hanno eletta, pontifica come una vestale del tempio sulla mafiosità dei calabresi. Non è Italia perché il presidente del consiglio dei ministri indica il candidato a sindaco di Platì dal palco della Leopolda. Perché l’on. Fava si è permesso di affermare che i candidati di Platì pur essendo in regola con i criteri dell’antimafia sono comunque sospetti, ci mancherebbe altro!Non è Italia perché l’indegno spettacolo che in occasione del 2 giugno del 2015 il PD ha messo in scena a Platì, ha dimostrato la consistenza e la serietà dei partiti calabresi. Sostanzialmente uguali! Non è Italia perché il procuratore della Repubblica di Reggio, ha dichiarato che sarebbe utile affiancare al nuovo sindaco di Platì un funzionario per controllare ogni atto della futura amministrazione.Un super controllo a Platì mentre le classi dirigenti fanno sparire nel nulla i miliardi che sarebbero destinati alla sanità o all’ambiente. Si vuole una Calabria ridotta tout-court alla sola dimensione criminale (che esiste) perché ciò fa molto comodo alla “catena di comando”. I mafiosi ci sono e vanno fieri dell’attenzione che ricevono dai giornali, dai “partiti”, dalle istituzioni. In questa nottata in cui tutti i gatti sono neri, loro ci sguazzano come pesci nel mare. In tutta la Calabria il voto è stato espressione di un disagio estremo. Ovunque si notano segnali di una rivolta strisciante contro lo Stato e che solo Dio sa come potrebbe andare a finire. A Cosenza più che per il “buongoverno” del sindaco uscente si è votato contro gli oligarchi del potere.A Napoli De Magistris, che in Calabria, si è mosso come rigoroso custode dell’ordine costituito, è diventato il Masaniello che agita il “Sud ribelle” contro il Gran Ducato di Toscana. Napoli e Platì sono distanti solo in apparenza. Per usare il linguaggio di Sciascia è la linea della Palma che avanza. Chi vuole ridurre la questione meridionale che oggi si allarga sino a diventare una “questione Mediterranea” a mera questione criminale o di ordine pubblico si assume sulle spalle e per intero le responsabilità storiche di quanto potrebbe accadere.Nel Mezzogiorno, probabilmente la rabbia, lungamente repressa, non troverà sbocco nel movimento “5 Stelle” ma potrebbe sbucare come un fiume carsico nei luoghi più impensati con conseguenze che nessuno in questo momento è in grado di prevedere.