Stavolta la spedizione punitiva ha puntato Luigi Manconi. Azione lampo, dalle colonne del “Fatto Quotidiano”. Capo-spedizione, per l’occasione, non direttamente Travaglio ma Bruno Tinti, ex magistrato e ora commentatore. L’articolo-manganello è pubblicato nella pagina dei commenti ed è intitolato: «Amnistia e indulto ora si chiamano “politica di diritto”».Tinti spiega che lo strumento dell’amnistia (utilizzato, via via negli anni della Repubblica, da noti sovversivi come De Gasperi, Fanfani, Moro, Andreotti, Leone, Spadolini e svariati altri, e poi invocato da Wojtyla e da Bergolgio sfuggiti alle galere polacche e argentine) è il massimo dell’ingiustizia e non ha niente a che fare con lo stato di diritto. L’opinione di Tinti, che peraltro sicuramente è maggioritaria, è legittimissima.C’è solo un breve passaggio dell’articolo, che vorremmo sottoporre alla vostra attenzione. Lo trascriviamo: «La ragione di tanto interesse potrebbe consistere nella consapevolezza che saranno gli stessi politici a beneficiarne. Insomma, il consueto e spregevole conflitto di interessi. Questa ragionevole supposizione è rafforzata dalle ridicole motivazioni che Manconi e i suoi complici... ». In sole 38 parole Tinti liquida Manconi come politico “ridicolo”, come delinquente (uno che ha dei complici evidentemente è un delinquente) e lo indica come destinato alla galera.Ecco, è esattamente questo il “metodo-Farinacci” (quello del “santo manganello”) al quale accennavamo nell’articolo che abbiamo pubblicato ieri su Il Dubbio. Aggredire l’avversario, insultarlo, calunniarlo, cercare di demolirlo.Luigi Manconi, magari, se ne infischierà delle invettive di Tinti. Però, almeno un pochino, questo tipo di giornalismo “squadristico” preoccupa.