La giustizia civile torna al centro del dibattito politico e pubblico: a partire dall’eccessiva durata del processo, i dubbi sull’efficacia degli strumenti stragiudiziali di composizione delle liti e un processo civile telematico che ancora fatica a prendere piede. «Eppure qualche dato positivo c’è, come quello sull’efficienza dei tribunali delle imprese. Mediazione e negoziazione assistita, se ben utilizzati, rappresentano una nuova frontiera per avvocati e cittadini», ha detto la Presidente delle Camere Civili, Laura Jannotta.I metodi alternativi di risoluzione delle controversie, i cosiddetti A. D. R., sono davvero strumenti efficaci per ridurre il contenzioso giudiziale?Sono strumenti che, quando vengono utilizzati correttamente, possono diventare la risposta rapida a una richiesta di giustizia dei cittadini, che non sempre devono ricorrere a un giudice per venire soddisfatti. Mi riferisco soprattutto alla mediazione, in cui un avvocato, nella veste di terzo imparziale, assiste due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia. Il mediatore ha il compito di guidare le parti nell’individuazione di un accordo che possa soddisfarle entrambe ed è la strada che permette di risolvere - spesso in modo economicamente più vantaggioso a livello di costi - le controversie senza portarle nelle aule dei tribunali. Per quanto riguarda la negoziazione assistita, le statistiche fotografano un trend abbastanza positivo per quel che riguarda le controversie in materia familiare. C’è una diffidenza maggiore, invece, ad utilizzarla nelle altre materie del diritto civile.La negoziazione assistita consiste nell’accordo con il quale le parti in lite convengono, attraverso l’assistenza degli avvocati, “di cooperare in buona fede e lealtà”, per risolvere in via amichevole una controversia. Perché continua ad essere strumento poco utilizzato, al di fuori del diritto di famiglia?Io credo che, essendo uno strumento ancora relativamente nuovo, sia fondamentale puntare sulla formazione. Gli avvocati non familiaristi, infatti, spesso non conoscono ancora bene le peculiarità di questo metodo alternativo di risoluzione delle controversie. Da parte sua, il cittadino non ha gli strumenti per chiedere autonomamente al proprio legale di ricorrere alla negoziazione, quindi formare gli avvocati significa rendere un servizio sia a loro come professionisti, che ai destinatari della giustizia civile.Basterebbe più formazione, dunque, per avvicinare il cittadino ad una giustizia extraprocessuale?Non solo, servono anche Consigli dell’Ordine degli Avvocati che credano in questi strumenti. I dati che riguardano la mediazione, infatti, dimostrano che gli Ordini che hanno attivato gli organismi di mediazione e hanno investito in formazione hanno ottenuto un ottimo riscontro. Spiace constatare però che, in alcuni territori, gli organismi non sono nemmeno stati attivati.I dati presentati dal Ministro della Giustizia Andrea Orlando hanno parlato di una riduzione dei tempi del processo civile. La situazione sta migliorando, quindi?I dati, in apparenza positivi, non tengono conto delle caratteristiche di dettaglio per organismo e per materia. In altre parole, il quadro è troppo generico per poter fotografare in modo efficace la realtà del contenzioso civile nel nostro Paese. Inoltre i dati riguardano solo i 40 tribunali monitorati su 139. Però, qualche spunto positivo c’è: mi riferisco soprattutto al tribunale delle imprese, che è una sezione specializzata presente in ogni distretto di corte d’Appello e che effettivamente ha dimostrato una grande efficienza. Anche in tema di abbattimento dell’arretrato sono stati fatti dei passi avanti, mentre i tempi di conclusione del giudizio rimangono, purtroppo, i peggiori d’Europa.Il processo civile telematico prometteva di abbattere i tempi del giudizio. Ci sta riuscendo?E’ ancora presto per fare un bilancio. Sicuramente all’avvocatura si deve il merito del funzionamento del PCT, e anche il Ministero ha molto investito in questo strumento. Serve, però, ancora maggiore collaborazione con la magistratura. Ci sono resistenze, infatti: in parte sono comprensibili perché in alcune materie, in cui vengono depositati moltissimi documenti, la lettura telematica non è forse la più funzionale, ma rimane il fatto che il futuro è sicuramente il processo telematico.Si è anche parlato di una certa “propensione” alla litigiosità degli italiani. Da avvocato, è vero?Difficile dirlo. Se gli italiani sono litigiosi, bisogna che gli avvocati si assumano ancora di più le proprie responsabilità nello sconsigliare i clienti a buttarsi in contenziosi “di principio”, che non portano alcun giovamento all’attore e ingolfano un sistema già di per sè rallentato. In questo, è importante puntare sulla formazione deontologica: l’avvocato ha il dovere di agire nell’interesse del proprio assistito, il che significa anche convincerlo a non dare seguito a cause senza possibilità di successo.Cosa c’è, quindi, negli orizzonti degli avvocati civilisti?Come Camere civili noi stiamo puntando ad offrire ai colleghi una formazione il più possibile pratica, per fornire strumenti operativi ai colleghi nell’utilizzo dei nuovi strumenti che ci sono stati messi a disposizione. Il nostro lavoro, infatti, è cambiato con il cambiare della società e io sono convinta che un’apertura, per esempio verso i metodi alternativi di risoluzione delle controversie, offre una prospettiva solida, che porta benefici sia ai cittadini che alla nostra categoria.