Solo chi di Silvio Berlusconi ha una conoscenza superficiale può derubricare a semplice - e paradossale - battuta l’endorsement a favore di Giorgia Meloni nel caso in cui la leader FdI arrivasse al ballottaggio a Roma. Basterebbe il deserto di cortesia a parti rovesciate, con la Meloni cioè pronta a schierarsi con Alfio Marchini se al secondo turno dovesse andarci lui, per avere un sufficiente indizio di come le parole dell’ex Cav vanno sempre lette in controluce. In questo caso sono utili non tanto a confermare l’esistenza di due destre che si contendono la metà (o un terzo: c’è anche Grillo...) del campo antirenzista: quello è un dato fin troppo evidente. Quanto piuttosto a tentare di dare risposta al quesito più importante: come si può, se si può, rimettere insieme le due mezze mele per tornare competitivi? In altri termini: visto che, allo stato, Renzi blinda l’Italicum, come si fa per portare il centrodestra tutto unito al ballottaggio delle elezioni politiche (del 2017?), unica condizione per contendere la vittoria al premier o ai Cinquestelle?Ovviamente la risposta Berlusconi ce l’ha già, ed è lui stesso. Sotto le sue larghissime ali, lo schieramento dei moderati può tornare ai fasti del passato. Seguendo il solo schema che Silvio conosce e predilige: lui al centro, tutti gli altri in posizione subordinata.Ci sono due problemi. Il primo è la Corte di Strasburgo che deve riconsegnare all’ex premier la sua candidabilità elettorale. La seconda, che i tempi cambiano e Matteo Salvini ha lanciato un’opa ostile sulla eventuale premiership. Non solo. Quanto siano spesse le ambizioni del leader leghista lo chiarisce il suo muoversi a tutto campo, anche invadendo quelli altrui. Tipo il pedaggio per il Gra di Roma, una specie di dito nell’occhio della Meloni. O anche l’essersi prentivamente schierato a favore della Raggi se Giorgia fosse esclusa dal ballottaggio. Il tutto ovviamente non rinnegando l’appoggio a Milano per Parisi. Molte parti in commedia, dunque, nella prospettiva di diventare il protagonista principale.Le urne amministrative chiariranno vari elementi, rapporti di forza compresi. Tuttavia i ruoli sono già definiti, e l’unico che si spende, volutamente e convintamente, per cucire i vari pezzi è proprio Berlusconi - che sparge continui riferimenti al fatto che il programma del centrodestra per le politiche è pronto e la squadra dei ministri pure - mentre gli altri sono leader divisivi o di spessore locale. O magari entrambe le cose.Non che Matteo Renzi resti insensibile di fronte alle schermaglie berlusconiane e dei suoi alleati. Sa perfettamente, il presidente del Consiglio che, seppur lacerato, il centrodestra resta un competitor temibile perché comunque in grado di ricompattarsi. Forse va cercata qui almeno una parte del perché rimanga tetragono sulla legge elettorale nonostante in tanti, studiosi compresi, lo mettano in guardia sul fatto che l’Italicum può consegnare il Paese ai grillini. Può non risultare così cervellotico ritenere che Renzi, il quale naturalmente pensa di vincere contro chiunque, sia convinto di poter riunire sotto il suo tetto tutte le forze, anche le moderate, nello scontro cruciale per respingere l’assalto delle forze anti-sistema. Operazione molto più complicata, ai limiti dell’impossibilità, se a confrontarsi con lui fosse FI. Per non parlare dell’imbarazzo in cui in quella eventualità si ritroverebbero alcuni attuali alleati, da Alfano a Verdini: le sirene di Arcore, pur se in tono decisamente più sommesso, cantano sempre.Certo il capo del governo non se ne sta con le mani in mano. La marcia trionfale è l’accompagnamento che preferisce e perciò annuncia che il fuciliere di Marina, Salvatore Girone, sfilerà alla parata del 2 giugno, trofeo vivente della ritrovata credibilità e autorevolezza internazione dell’Italia (con tante grazie agli «amici indiani»). Mentre incamera con soddisfazione l’appoggio, attraverso il suo nuovo presidente Vincenzo Boccia, della Confindustria al referendum costituzionale. Il rinnovo del supporto degli imprenditori - che ricalca quello fornito a suo tempo dal predecessore di Boccia, Sergio Squinzi - è fondamentale. Il quadro economico resta avaro di soddisfazioni e l’incertezza continua a dominare sui mercati e sulla, assai flebile, ripresa. La Confindustria alleata lascia nell’isolamento la Cgil e mette un cuneo, non fiscale bensì politico, nel fianco anche elettorale di un settore tradizionalmente governativo e tuttavia ancorato in tante situazioni al centrodestra. E si torna al discorso di prima. Appunto.