Non è un ricordo ipocrita di Marco Pannella, della serie “La morte indora tutto”, come diceva Indro Montanelli. Ma è un ricordo vero e commosso quello che Achille Occhetto consegna a “Il Dubbio”. L’ex segretario del Pci, il fondatore del Pds, ricorda i dissapori (più, secondo lui, da parte di Pannella che da parte sua, perché “A Marco davi un dito e poi però voleva prenderti tutto il braccio”) e i momenti di convergenza, ma soprattutto la grande amicizia dai tempi dell’Unione goliardica universitaria. È un omaggio commosso ma schietto. Non poteva che essere così da parte dell’uomo della Svolta della Bolognina, l’uomo dell’azzardo che tolse dal simbolo Pci e falce e martello. Si intrecciano ricordi anche della triangolazione storica e politica tra lui, Marco e Bettino Craxi: “Non fui io a dare l’ordine del lancio di monetine, chiariamolo una volta e per sempre. Fu cosa da trogloditi di vari partiti”. E ricordando Pannella, con il quale se va una anche parte della storia politica italiana, il ricordo di “Marco” non può anche intrecciarsi con quello di Enrico Berlinguer.Onorevole Occhetto, quali pensieri e ricordi le suscitano la morte di Pannella?Per prima cosa vorrei esprimere un saluto affettuoso e addolorato a Marco, non solo perché è stato un grande combattente, ma anche perché è stato un amico. Al quale, sia pure nelle differenze sono stato legato fin dai tempi del periodo universitario e in alcune fondamentali battaglie di libertà per i diritti civili. Sentiremo tutti la mancanza della sua libera e coraggiosa voce.Avete fatto l’Università insieme?No, ma, come vedo purtroppo nessuno ormai ricorda nonostante sia stato un momento importante della politica italiana, abbiamo fatto una comune esperienza nel Movimento universitario che fu fucina dei quadri della futura classe dirigente: l’Unione goliardica italiana. Io lavorai per sciogliere il gruppo comunista, beh (sorride ndr) si vede che avevo già allora questo vizio…Lei è un uomo più autoironico di quanto sia mai apparso…E quindi dicevo che portare quel gruppo comunista dentro l’Unione goliardica fu una grande operazione perché ci unimmo a tutte le forze liberaldemocratiche in contrapposizione con la Fuci che era l’organizzazione degli universitari cattolici. Pannella era un leader fantastico, anche molto affascinante, faceva discorsi che incominciavano alle 2 di notte e finivano all’alba. Si vedeva già da allora la sua tempra.Magari con tante sigarette, fumava anche lei se ben ricordo?Allora Marco non fumava tanto, parlava molto.Voi due però alcuni contrasti li avete avuti, lui vi ha sempre chiesto di fare in sostanza una vera revisione (anche se Pannella questa parola non l’avrebbe usata) del comunismo, poi vi avvicinaste molto quando a fine anni ’80 Pannella si allontanò da Craxi. Che ricordi ha di quelle liti?Io però devo dire che non ricordo molti contrasti. Ci furono grandi tensioni nel Pci su Pannella. Ma sul piano personale francamente non ricordo momenti di grandi litigi. Ricordo invece tutti i momenti in cui - pur nelle differenze (sarebbe ipocrita affermare che dicevamo le stesse cose su tutto) – ci trovammo insieme sia nella politica universitaria, sia nelle grandi battaglie per i diritti civili, sia in una battaglia fondamentale dove io fui terzo dei leader del movimento referendario dopo Mario Segni e Marco per il cambio della legge elettorale dal ’91. Senza il Pds, dove pure ci furono molti contrasti, quel movimento non avrebbe vinto. Segni, Pannella ed io non saremmo stati alla testa di quel movimento che fu decisivo per la politica italiana. Come lo furono il divorzio e l’aborto.Possiamo dire che allora fu piuttosto Pannella a litigare con lei? Si arrabbiò molto perché voi volevate il doppio turno e poi perché, sempre secondo lui, non avreste difeso abbastanza gli israeliani…Sì sul doppio turno avevamo posizioni diverse. Ma lui era Pannella! Quando non era d’accordo lanciava anatemi. Ma poi la rabbia gli passava subito.Però, onorevole Occhetto bisogna riconoscere che sul divorzio, l’aborto radicali, socialisti e liberali, arrivarono molto prima del Pci. O no?Sì, non c’è dubbio. Di fatti sono loro che hanno spinto a quelle battaglie, nel gruppo dirigente del Pci ci sono stati alcuni mesi di incertezza, finché Enrico Berlinguer decise di aderire. E quando decise di aderire Enrico lo fece con grande determinazione.Già da allora lei era un po’ meno comunista anche dell’allora segretario generale?Non un po’ meno comunista di Enrico, direi piuttosto che ero un po’ più liberal su molte cose.Visto che con Pannella muore anche un pezzo della Storia della politica italiana, e visto che, come Fabrizio Cicchitto ha raccontato a Il Dubbio, a Pannella alcuni socialisti offrirono di sostituire Craxi nel ruolo di leader, lei cosa pensa di quel giorno del ’93 quando alcuni militanti comunisti partirono dal suo comizio e si congiunsero con missini e leghisti a tirar monetine a Craxi?Oggi stiamo parlando di Pannella. E comunque rispondo perché se ne è parlato molto. Quando si parla di me, non avendo nessuno letto e studiato i miei libri, in genere mi liquidano come quello della gioiosa macchina da guerra e delle monetine. Ma sono due bufale. Allora c’era un giustizialismo che era molto di destra e io però non posso escludere che qualcuno che aveva militato nel Pci fosse stato davanti al Raphael.Purtroppo ce ne furono molti ex Pci insieme a missini e leghisti…Ma che ci siano i trogloditi dappertutto lo sappiamo. Però non fu dato mai da me nessun ordine per quella manifestazione, né fu da me apprezzata.Torniamo a Pannella. Perché poi nel ’90 non faceste quell’unità che vi chiedeva?La notizia è un’altra: Pannella fu l’unico dei leader che non era comunista e che, anche a differenza dei socialisti, accolse con grande interesse la Svolta. Mi invitò al loro consiglio nazionale a parlare, poco dopo la Bolognina, e fu un momento memorabile e di grandi elogi alla Svolta. Il mio intervento fu accolto molto bene dai radicali. Poi, io dicevo sempre scherzando: a Pannella dai un dito e lui ti vuole prendere anche tutto il braccio. Dall’elogio della Svolta volere che diventassimo anche radicali mi sembrò un po’ troppo. Io avevo già fatto un salto mortale triplo.Lei però perché preferì l’unità con Pannella a quella con Craxi per fare l’unità a sinistra?Quella con Pannella era una cosa, quella con Craxi sarebbe stata un’altra. Probabilmente ci avrebbe portato nel grande disastro del Psi…O forse lo potevate aiutare?Era già un disastro. Però anche qui io ho scritto nei miei libri che ho chiesto più volte di fare l’unità e uscire dal pentapartito per fare insieme l’alternativa alla Dc. Ma Craxi mi disse: non ci sono i numeri. E quando io gli dimostrai che invece ci potevano essere, allora guardandosi intorno, mentre eravamo nel suo ufficio in Via del Corso, Craxi indicando con un dito le porte che gli stavano attorno, mi disse: ma se io esco solo un giorno dal governo questi qui (i socialisti del suo stesso partito ndr) mi fanno fuori. Ma parliamo di Marco…Ultimo ricordo di lui?In realtà risale a un po’ di tempo fa perché io sono un po’ uscito dalla politica. Quando ancora me ne occupavo, lo incontravo a Bruxelles quando eravamo entrambi eurodeputati, facevamo lunghi viaggi, dove eravamo molto spesso vicini e ricordavamo i tempi delle nostre comuni battaglie. C’era tra noi un rapporto amichevole: lui mi chiamava Achille e io Marco.Cosa ci mancherà di lui?Ci mancherà una voce libera, che sapeva in qualsiasi momento intervenire e farsi sentire e anche un modo di fare politica pieno di entusiasmo e coraggio non legato alle meschinità del potere come è la politica attuale.