Metti una sera, a cena, con Verdini in quel di Cosenza e in piena campagna elettorale. Tra un bicchiere e l’altro le parole scivolano via: «I post-Dc e i post-Pci hanno sottovalutato Renzi. Un tragico errore. Adesso D’Alema &Co non contano nulla». Poi il raffronto tra i due leader: «Dopo 20 anni accanto a lui, voglio ancora bene a Silvio, ma Matteo è politicamente superiore», ammette Denis Verdini.Una sera, a cena, con Verdini, a Cosenza, prima dello scontro in Tv con Travaglio, a "Ballarò". Gioca, come fa notare un suo amico, Giulianone Ferrara, con il personaggio da simpatica canaglia:«Il duello con Marco? Ho chiesto io a Giannini di sfidarlo, con uno tosto c’è maggior gusto! ».Bon vivant, brillante conversatore, incantato, come lo fu il Cav. da Matteo Renzi, di cui mi ha raccontato l’irresistibile ascesa, nel partito e nelle istituzioni: «I post-DC e i post-Pci lo hanno sottovalutato, a Firenze e a Roma. Un tragico errore. Adesso D’Alema &Co. non contano nulla».Un raffronto tra i 2 leader? «Dopo 20 anni accanto a lui, voglio ancora bene a Silvio, ma il mio concittadino è, politicamente, di gran lunga superiore... ». I tanti processi? «Guarda che si tratta di una sola vicenda, sminuzzata da diverse Procure. E finora non si è presentato nessuno a dire: «Verdini mi ha rubato 1 euro. Con Il Giornale della Toscana ci ho rimesso io 10 milioni. Se qualcuno dimostra che ho intascato 1 euro, mi dimetto da senatore».Perdona l’ex premier, ma non quelli del «cerchio magico», che lo hanno convinto a sfilarsi dal «patto del Nazareno». Denis considera, ancora, la firma, nel 2014, tra Silvio e Matteo «il suo capolavoro politico».Precisa: «La riforma costituzionale non l’ha scritta Verdini. Abbiamo partecipato alla scrittura delle riforme. E siamo convinti che debbano essere portate fino in fondo. Vorrei discutere con qualche professorone. Le sciocchezze le dico io, ma le dicono anche loro».Denis, hai fiducia nella giustizia? «Non ci penso proprio. Chi è la giustizia? E’ fatta da uomini e donne, di magistrati e di pubblici ministeri, di donne e uomini. Molti, dopo avermi stangato, quando parlo con loro, mi fanno: "Senatore, ha ragione, ma capisca anche noi"».Il futuro? Se, alle elezioni amministrative, Ala contribuirà al successo del Pd in città importanti, chiederete di entrare nel governo? «Si tratta di due questioni distinte.Per ora, questo governo fa delle cose, che ci piacciono, e il premier - che, da statista, si rivolge al popolo, saltando le estenuanti mediazioni - dice cose, che approviamo. E noi lo sosteniamo».Così parlò una sera, a cena, a Cosenza, Verdini, che ha posto la sua firma a quello che gli osservatori hanno definito il "primo laboratorio politico locale" dell’intesa, nazionale, tra il Pd e Ala.E, anche qua, più di 50 anni fa, fu anticipato il centrosinistra, "figlio" del patto - siglato, a Roma, da Aldo Moro, Dc, e Pietro Nenni, Psi - da cui scaturì, nel dicembre del 1963, l’ingresso dei socialisti nella "stanza dei bottoni", di nenniana memoria.Un anno e mezzo prima, il 18 aprile 1962, alla Provincia di Cosenza, grazie all’intesa tra Giacomo Mancini (Psi) e Antonio Guarasci (Dc), vide la luce la prima giunta di centrosinistra del Mezzogiorno, la terza in Italia, dopo quelle di Milano e Genova.