La collaborazione tra sacerdoti non deve essere "strumentale" ma "libera dai narcisismi e dalle gelosie clericali; fa crescere la stima, il sostegno e la benevolenza reciproca; favorisce una comunione non solo sacramentale o giuridica, ma fraterna e concreta". Lo ha chiesto Papa Francesco nel discorso pronunciato in apertura dell'Assemblea dei vescovi italiani. "Nel camminare insieme di presbiteri, diversi per età e sensibilità, si spande - ha osservato il Papa - un profumo di profezia che stupisce e affascina. La comunione è davvero uno dei nomi della Misericordia". Ai vescovi italiani il Papa ha ricordato che "l'Amore è tutto" ed un buon prete "non cerca assicurazioni terrene o titoli onorifici, che portano a confidare nell'uomo; nel ministero per sè non domanda nulla che vada oltre il reale bisogno, nè è preoccupato di legare a sè le persone che gli sono affidate. Il suo stile di vita semplice ed essenziale, sempre disponibile, lo presenta credibile agli occhi della gente e lo avvicina agli umili, in una carità pastorale che fa liberi e solidali. Servo della vita, cammina con il cuore e il passo dei poveri; è reso ricco dalla loro frequentazione". "È un uomo - ha continuato - di pace e di riconciliazione, un segno e uno strumento della tenerezza di Dio, attento a diffondere il bene con la stessa passione con cui altri curano i loro interessi". "Voi lo sapete bene! Il segreto del nostro presbitero - ha detto ancora ai vesocvi italiani - sta in quel roveto ardente che ne marchia a fuoco l'esistenza, la conquista e la conforma a quella di Gesù Cristo, verità definitiva della sua vita". "È il rapporto con Lui a custodirlo, rendendolo estraneo - ha poi concluso - alla mondanità spirituale che corrompe, come pure a ogni compromesso e meschinità. È l'amicizia con il suo Signore a portarlo ad abbracciare la realtà quotidiana con la fiducia di chi crede che l'impossibilità dell'uomo non rimane tale per Dio". Secondo Francesco, il sacerdote deve essere "come Mosè, uno che si è avvicinato al fuoco e ha lasciato che le fiamme bruciassero le sue ambizioni di carriera e potere. Ha fatto un rogo anche della tentazione di interpretarsi come un devoto, che si rifugia in un intimismo religioso che di spirituale ha ben poco". "È scalzo, il nostro prete, rispetto a una terra - ha spiegato - che si ostina a credere e considerare santa. Non si scandalizza per le fragilità che scuotono l'animo umano: consapevole di essere lui stesso un paralitico guarito, è distante dalla freddezza del rigorista, come pure dalla superficialità di chi vuole mostrarsi accondiscendente a buon mercato. Dell'altro accetta, invece, di farsi carico, sentendosi partecipe e responsabile del suo destino". "Con l'olio della speranza e della consolazione, si fa prossimo - ha aggiunto il Papa - di ognuno, attento a condividerne l'abbandono e la sofferenza. Avendo accettato di non disporre di sè, non ha un'agenda da difendere, ma consegna ogni mattina al Signore il suo tempo per lasciarsi incontrare dalla gente e farsi incontro. Così, il nostro sacerdote non è un burocrate o un anonimo funzionario dell'istituzione; non è consacrato a un ruolo impiegatizio, nè è mosso dai criteri dell'efficienza".