Ci vuole una legge. Ma una legge sull’impegno politico dei magistrati è all’esame della Camera e non potrà invadere il campo delle toghe. E allora l’unica strada è che le toghe ci pensino da sole. Anzi, che provveda il loro organo di autogoverno, il Consiglio superiore della magistratura.Sergio Mattarella e Giovanni Legnini si congedano subito dopo pranzo. Il colloquio del vicepresidente del Csm con il Capo dello Stato, che è anche presidente del Consiglio superiore, era diventato indispensabile. Soprattutto dopo che al primo focolaio di scontro acceso dall’intervista di Davigo al Corriere erano seguite altre scosse violente, culminate con l’intervista di Morosini sul Foglio. Da ieri il presidente della Repubblica avverte in modo ancora più forte l’urgenza di una rapida fine delle ostilità tra politica e giudici. Un armistizio che potrebbe essere favorito anche da un nuovo intervento del Quirinale. Ma che poi richiederà rimedi strutturali. E l’unico sembra essere un codice di autoregolamentazione su toghe e impegno politico da approvarsi a Palazzo dei Marescialli.Finché non ci si arriverà, resteranno impossibili da definire tutti gli altri eventuali conflitti da qui al referendum costituzionale, per esempio. Legnini domenica ha chiesto cautela, le toghe di “Area” hanno respinto l’invito. Ieri anche il presidente del Senato Grasso ha auspicato che le opinioni possano esprimersi «senza creare tensioni tra politica e magistratura». Lo stesso Renzi ne ha parlato alla direzione del Pd: «Non entriamo nelle polemiche che altri vorrebbero». Altri tra i quali, per il premier, ci sarebbe il togato del Csm Piergiorgio Morosini. Ma il punto è che una legge del Parlamento non potrà vietare le polemiche, e neppure la partecipazione dei giudici ai comitati per il “no”. Problema che si pone anche il ministro della Giustizia Orlando, esattamente come il capo dello Stato e il numero due del Csm. E anche al guardasigilli non appare altra via che un codice di autoregolamentazione della stessa magistratura.E qui potrebbero concentrarsi le moral suasion di tutte le figure istituzionali coinvolte. Ieri Legnini si è recato da Mattarella. Alle 15 di oggi pomeriggio riceverà, come previsto da tempo, il vertice dell’Anm guidato da Piercamillo Davigo. Prima di varcare l’ingresso di Palazzo dei Marescialli, il sindacato dei giudici sarà a via Arenula, dal ministro della Giustizia. Una specie di giro di consultazioni. Che si chiuderà domani con l’incontro richiesto da Orlando a Legnini innanzitutto sul caso Morosini.Davigo potrebbe far notare come già l’anno scorso il Consiglio superiore avesse approvato una delibera per sollecitare una nuova legge sull’impegno delle toghe in politica. Quel testo è stato approvato a Palazzo Madama, e l’ex presidente della commissione Giustizia del Senato, Francesco Nitto Palma, da mesi chiede che i colleghi di Montecitorio tolgano la proposta di legge dalla naftalina. Ma il relatore del provvedimento, Walter Verini del Pd, fa notare come quel testo regoli per esempio il tempo di “latenza” da prevedere prima che un magistrato eletto in Parlamento torni a esercitare la funzione giurisdizionale. «Su questioni come le interviste dei pm o la loro adesione a campagne referendarie, invece, non si interviene, sarebbe un’invasione di campo». Ci deve pensare quello stesso Csm che aveva rimesso la palla alla politica. E dovrà farlo in fretta, se vorrà evitare che una corrente forte come “Area” si trovi a litigare con Legnini sull’adesione a una campagna referendaria.