L'Anm si dissocia dalle parole del consigliere Piergiorgio Morosini. «Ribadito il diritto del singolo magistrato di esprimere le proprie opinioni», recita la nota diramata dalla Giunta esecutiva centrale del sindacato togato, «l’Associazione ritiene che si tratti di dichiarazioni che, se confermate, risultano per alcuni aspetti inopportune e ingiustificate e per altri riguardanti temi e argomenti non di pertinenza di un rappresentante dei magistrati presso l’organo di governo autonomo e che incidono sul prestigio della magistratura e sul leale rapporto tra i poteri e gli organi dello Stato». In altre parole, l’Anm prende le distanze dal magistrato del Csm, finito al centro della polemica “politica-magistratura” per le dichiarazioni rilasciate al Foglio il 5 maggio. «Bisogna guardarsi bene dal rischio di una democrazia autoritaria. Un rapporto equilibrato tra Parlamento e organi di garanzia va preservato. Per questo occorre votare No ad ottobre». Sono queste le parole che il membro togato del Csm avrebbe pronunciato davanti a una cronista del quotidiano diretto da Claudio Cerasa. «Il testo pubblicato sul Foglio non rappresenta il mio pensiero, né su presunte opinioni politiche contro il governo, né su giudizi personali relativi a rappresentanti delle istituzioni o colleghi», si è difeso fin dal primo momento Piergiorgio Morosini. Ma smentire a volte non basta, soprattutto se il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, dice di voler approfondire la vicenda davanti al Csm. «Mi sembra una richiesta condivisibile», risponde il vicepresidente del Consiglio superiore, Giovanni Legnini, a proposito delle istanze avanzate dall’inquilino di Via Arenula. «I rapporti istituzionali con il ministro Orlando sono stati sempre improntati alla massima e leale collaborazione. Avremo modo di colloquiare e chiarire che la posizione del Csm non è affatto quella che emerge in questi giorni ma è quella che emerge dal lavoro duro, importante, intenso di questo anno e mezzo». Legnini deve gettare acqua sul fuoco. Per l’Autogoverno non è stata una settimana facile. Prima delle parole attribuite a Morosini, infatti, era toccato a un altro componente del Consiglio, questa volta laico, riscaldare il clima. Giuseppe Fanfani, nipote di Amintore, al Csm in quota Scelta Civica, mercoledì scorso si era scagliato contro i magistrati di Lodi per l’arresto del sindaco Pd Simone Uggetti. «Non ho mai visto, in 40 e più anni di attività di penalista, incarcerare alcuno per un reato come la turbativa d’asta, soprattutto quando l’interesse dedotto è quello di una migliore gestione di una Piscina comunale», aveva detto Fanfani, parlando di una «non equilibrata valutazione del caso» e chiedendo «l’apertura di una pratica per verificare la legittimità dei comportamenti tenuti e dei provvedimenti adottati nel caso di specie». Parole di fuoco, liquidate dall’Anm come «indebita interferenza».È in questo contesto, tutt’altro che disteso, che si inseriscono le precisazioni di Legnini: «Questo clima deve assolutamente migliorare perché non serve al Paese». Ma, nonostante il vicepresidente del Csm provi a stemperare, non può fingere che le parole di Morosini non siano mai state pronunciate. Perché, a differenza delle esternazioni di Fanfani, le dichiarazioni del membro togato del Consiglio minano i rapporti con un altro potere dello Stato. «Non so se e quali dei contenuti di quella intervista siano riferibili al consigliere Morosini, ma sono comunque inaccettabili», dice Legnini a Radio Anch’io. «Le critiche agli altri poteri sono legittime e ammissibili, ce ne sono state e ce ne saranno. Altra cosa è l’attacco personale a un membro del governo o del Parlamento. Chiediamo rispertto per le prerogative dei consiglieri e per i magistrati ma analogo rispetto dobbiamo agli altri poteri».