A San Marino la chiamano, con un certo orgoglio, Tangentopoli del Titano, dal nome della rocca su cui sorge la Repubblica. A giudizio per il “processo Mazzini” c’è un drappello di politici locali, a cominciare dagli ex ministri Fiorenzo Stolfi, Claudio Podeschi e Giovanni Lonfernini. Accuse gravi: associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio e alla corruzione. Quasi due anni di misure cautelari in carcere, «in condizioni disumane» secondo lo stesso direttore del penitenziario. In udienza sfilano gli investigatori. I difensori fanno domande e viene fuori la debolezza dei teoremi: nelle accuse di riciclaggio, per esempio, manca il reato presupposto, cioè la prova che la provenienza del denaro fosse illecita. Al che gli avvocati osano dirlo a giornali e tv. In particolare a San Marino tv, l’emittente di Stato. Apriti cielo. Si scatena la controffensiva di Civico 10, una specie di M5s della Rocca. «Qui come in Italia si sta sviluppando la tendenza a fare processi sugli organi di stampa anziché in tribunale», si legge in una nota dell’11 aprile. Lo schema è ribaltato: niente intercettazioni che massacrano gli indagati prima del processo, piuttosto «avvocati delle persone incriminate» che danno interviste «persino alla tv di Stato». Che sostengono come «tutto l’impianto accusatorio scricchioli, e come molte cose siano state inventate». I grillini sammarinesi sono preoccupati. Temono le «incursioni mediatiche» dei legali, spesso italiani come i fiorentini Massimiliano Annetta e Stefano Pagliai. Urgono rimedi: «Norme per evitare che funzionari pubblici di indubbia professionalità possano essere liberamente messi alla berlina come fossero dilettanti allo sbaraglio». E ancora: «Gli operatori della giustizia devono operare negli ambiti loro propri: le aule dei Tribunali». Cioè gli avvocati non devono parlare. Non devono criticare i giudici. San Marino tv reagisce con una nota: «La storia dei processi, nel mondo, è lastricata di dichiarazioni da parte degli avvocati», ricorda la redazione. Carlo Romeo, direttore generale indicato dalla Rai, che possiede il 50% dell’azienda, la definisce «una posizione incomprensibile nella sua assurdità». Certo che a proposto di processi mediatici in Italia pensavamo di averle sentite tutte.