Cemento e politica, calcio e arte, editoria e finanza. Raccontare la storia della famiglia Marchini è come ricostruire un pezzo importante della città Roma. Probabilmente anche per questo, Silvio Berlusconi ha deciso di scaricare Guido Bertolaso e puntare tutto su Alfio, il civico apparentemente spuntato fuori dal nulla tre anni fa. Nipote omonimo di colui che è considerato il capostipite dell’impero di famiglia, Alfio Marchini nasce a Roma il primo aprile del 1965. Frequenta scuole cattoliche, l’istituto Massimiliano Massimo, prima, e il Collegio San Giuseppe - istituto De Merode, poi, dove consegue la maturità scientifica. Per l’università sceglie un Ateneo pubblico, La Sapienza, dove si laurea in ingegneria civile a 23 anni. Del resto, un ingegnere in casa fa sempre comodo, perché i Marchini hanno fondato il loro regno miliardario sul cemento e sui palazzi. I calce e martello. Così venivano chiamati i fratelli Alfio e Alvaro, rispettivamente nonno e prozio del candidato sindaco di Forza Italia. Un appellativo in realtà dispregiativo per sottolineare l’anomalia del casato. Ricchi e spregiudicati, ma comunisti. Sono loro a donare la sede di Botteghe Oscure al Pci e sono sempre loro ad avere relazioni privilegiate con Togliatti, Amendola e Longo. Perché, affari a parte, i Marchini si son guadagnati sul campo il rispetto dei dirigenti comunisti. Nonno Alfio è stato un partigiano rosso che, coma ama ricordare spesso il nipote, nel 1944 partecipa alla liberazione di Sandro Pertini dal carcere di Regina Coeli. Il valore in battaglia, però, non deve essere confuso col senso degli affari. E i Marchini sono palazzinari, si arricchiscono costruendo dappertutto. A loro si devono anche alcuni scempi. Due su tutti: le case alla Magliana tirate su sotto il livello del Tevere e i palazzoni vicino all’ospedale San Camillo.Ma il cemento non è l’unica passione di famiglia. Oltre al gusto per l’arte, i Marchini sono amanti dello sport. Soprattutto del calcio. E nel 1968, Alvaro compra la Roma allenata da Helenio Herrera. Se ne libererà pochi anni dopo, nel 1971, appena in tempo per diventare suocero del capitano della squadra: Franco “Ciccio” Cordova, che nel 1970 ne sposa la figlia Simona (resteranno insieme per dieci anni), celebre attrice e volto televisivo di “Quelli della notte”. È in questo clima frizzante che si muove il giovane Alfio. Ha ricevuto l’imprinting da una famiglia che sa destreggiarsi bene nei salotti della Capitale ma che si sente a perfettamente proprio agio tra i paladini del proletariato. L’ubiquità, o la doppiezza per i detrattori, è un marchio di fabbrica. Che il candidato al Comune ha fatto proprio: amico di D’Alema ma anche di Don Giussani, vicino ai costruttori ma anche tifoso del verde, un pensiero alle periferie romane più degradate e uno al circolo del polo, sport di cui è stato campione nazionale. Ha solo 23 anni Alfio Marchini quando assume la guida della società di famiglia. E subito differenzia gli investimenti. Nel 1993 si lancia nel mondo dell’editoria. Acquista Il Sabato, pubblicazione di riferimento per Comunione e liberazione. Perché non bisogna mai perdere di vista il mondo cattolico, una lezione che il neo candidato di Forza Italia avrà imparato da bambino sui banchi di scuola. Del resto, si dice che il nonno abbia favorito, per conto del Pci, durante la guerra del Vietnam, un incontro in Vaticano tra esponenti del Vietnam del Nord e del Sud. Il Sabato fallisce presto, ma non le ambizioni editoriali di Alfio. Che nel 1995 acquista l’Unità (il 49,5 per cento). A fargli compagnia nella nuova avventura c’è la Tosinvest della famiglia Angelucci (editori di Libero).E tra un investimento e l’altro Marchini colleziona varie esperienze. Nel giugno del 1994, a 29 anni, viene nominato membro del cda Rai in quota centro sinistra. Così D’Alema in quei giorni risponde a chi gli chiede del consigliere Marchini: «Lo conosco, non è un reato grave, e poi è persona che ha tante amicizie». Dopo qualche anno (nel 1998) il costruttore diventerà promotore e sostenitore della Fondazione Italianieuropei, il centro studi presieduto dal leader Massimo nel cui comitato d’indirizzo, per ironia della sorte, siede tale Ignazio Marino.La carriera di Alfio è anche costellata di una infinità di consigli d’amministrazione: ad di Roma Duemila spa (gruppo Ferrovie dello Stato); membro dei cda di Banca di Roma, Capitalia e Unicredit; consigliere d’amministrazione della Cementir, la holding del gruppo Caltagirone.Con un curriculum così, Berlusconi spera di evitare brutte figure nella Capitale