Ok, la rottamazione è servita e va bene. Ora però Matteo Renzi deve cambiare passo: non più velocista bensì maratoneta. Come lui, del resto. E raccogliere l’allarme altissimo che arriva dai territori: Il Pd non può più essere conventicola di correnti l’un contro l’altra armate. Fuori di quel perimetro i poteri criminali si sono organizzati e premono. O nascono anticorpi adeguati oppure la partita è persa. E’ la ricetta che Antonio Bassolino spedisce a palazzo Chigi. Con sobrietà («Intendo mantenere il mio stile di sempre, a maggior ragione perché il Pd si è comportato molto male sulle primarie di Napoli»), coniugata a determinazione.A proposito, presidente: notizie da parte di Renzi? Ha risposto ai suoi appelli?«Io ho sentito il dovere di sottolineare un allarme pubblico. Penso fondato. Tocca ad altri, se ritengono, raccoglierlo».Però, presidente, il dilemma è sempre lo stesso. Prendiamo l’ultimo caso, quello di Graziano. E’ il capo del Pd campano e viene indagato per presunte collusioni con la camorra. Delle due l’una: o non sapete giudicare le persone, oppure le accuse evaporeranno e il danno sarà comunque fatto. Come se ne esce?«Bisogna distinguere. L’aspetto giudiziario seguirà il suo corso e nessuno deve scrivere preventive sentenze partitiche o mediatiche. Graziano, che è il presidente dell’assemblea regionale, e altri dirigenti pd inquisiti si difenderanno nelle sedi giuste, con l’auspicio che si possa arrivare a chiarire le accuse in tempi brevi. Intanto è un fatto che si sono autosospesi. Poi però esiste un aspetto politico della questione a mio avviso non adeguatamente avvertito».Si riferisce alla permeabilità della politica rispetto alle pressioni della criminalità organizzata?«Stiamo parlando del principale partito italiano che, alla vigilia di elezioni importanti, appare esposto a contatti, infiltrazioni, rapporti con ambienti criminali importanti. Fatti gravissimi che a loro volta si iscrivono in un più generale problema politico la cui enormità non viene ancora del tutto colta. Parlo della capacità della politica, dei partiti - di tutti i partiti - di combattere e respingere pressioni criminali. Diciamo subito che nessun rilancio o sviluppo del Mezzogiorno e dell’Italia tutta sarà mai possibile se queste pressioni non verranno azzerate».Qual è la sua ricetta, presidente?«Ci arrivo. Prima bisogna inquadrare bene i fenomeni in atto perché, insisto, la pericolosità e gravità di quanto sotto i nostri occhi non viene adeguatamente avvertita. Sono in atto dinamiche diverse dal passato. I classici gruppi della criminalità organizzata hanno subito forti colpi grazie all’azione della magistratura e delle forze dell’ordine. Ma quei gruppi si sono anche riorganizzati in modo più capillare e diffuso sul territorio. Cosa cercano di fare? Di entrare quanto più possibile nelle istituzioni. Seguendo due strade. La prima, appoggiando vari candidati prima delle elezioni: del Parlamento, dei Consigli regionali, dei municipi. E ovviamente si indirizzano verso i candidati che una volta eletti possono svolgere un’azione di governo. Vale per la destra come per la sinistra. E anche per i Cinquestelle, come la vicenda di Quarto insegna».E dopo?«Dopo non solo condizionando chi hanno contribuito ad eleggere ma anche cercando di infiltrarsi, impossessandosene, degli apparati amministrativi. Fenomeno, quest’ultimo, altrettanto grave del primo su cui tuttavia l‘attenzione è colpevolmente scarsa. Invece è del tutto evidente che un funzionario o un dirigente che ha in mano atti importanti è appetibile dalla criminalità non meno di un eletto».La politica come deve fronteggiare questo pericolo?«Aspetti, mi faccia completare il quadro. Anche a Napoli c’è una trasformazione della camorra. Meno gerarchica, meno centralizzata, meno riferita alla classiche famiglie ma più diffusa sul territorio e, tragicamente, più giovane. Ci sono ragazzini di dodici, tredici anni che usano i kalashnikov contro le caserma dei carabinieri: è successo a Secondigliano. Ci rendiamo conto? Noi continuiamo a parlare di Scampia. Ma il commercio di droga all’aperto si è spostato da tempo in altri quartieri: Soccavo, rione Traiano. E ci sono quartieri dove dopo le 22 scatta il coprifuoco. Per non parlare delle ex aree industriali come Barra, san Giovanni. Guai a non vedere questi fatti, come guai a minimizzare il lavoro e l’azione di tante forze sane che sempre sul territorio operano. Dobbiamo rafforzare tutti gli anticorpi, ancora largamente insufficienti».Rafforzamento in che senso?«In senso legislativo, con nuove disposizioni ancora più efficaci contro la corruzione. Con maggiore attenzione in materia di appalti, tenendo gli occhi bene aperti anche su quelli cosiddetti minori. E’ evidente che servono anticorpi legislativi come c’è bisogno di anticorpi sociali, educativi. In queste ore il governo ha stabilito che le scuole siano aperte anche di pomeriggio. E’ un primo passo. C’è bisogno di attività sportive, culturali. Ci sono quartieri di 70-80 mila abitanti - più grandi di una media città capoluogo - dove non c’è un teatro, non un cinema, non un impianto sportivo. E soprattutto c’è bisogno di “luoghi buoni” della politica».Buoni in che senso? E per chi?«Per la gente. Per i cittadini. Parlo di sedi di sindacati. Di partiti. Senza di questi, gli anticorpi latitano. E quando, come ora, si avvicinano elezioni importanti con migliaia e migliaia di candidati, l’allarme deve suonare al massimo livello. Compresa l’attenzione su tantissime liste falsamente civiche che deturpano quell’appellativo. In un quadro siffatto, è evidente il concreto pericolo di infiltrazioni malavitose. Come pure è evidente che poiché non ci si può affidare solo al casellario giudiziario, il primo e decisivo filtro sulla scelta degli uomini non possono che svolgerlo i partiti stessi. Una volta... ».E no, presidente. Una volta i partiti erano strutture permeabili eccome. C’è stata Tangentopoli...«Non ho alcuna nostalgia del passato, né intendo mitizzare un’inesistente epoca dell’oro. Certo che i guai c’erano anche allora, eccome. Però è innegabile che una volta le sezioni di grandi partiti popolari come il Pci, le sedi dei sindacati consentivano, diciamo così, un controllo democratico del territorio. Esistevano filtri: conoscevi le persone, giravi per le case, avevi un rapporto continuo con il territorio. Ecco dove si esalta il ruolo autonomo della politica anche rispetto alle sedi giudiziarie. Oggi la situazione è degenerata. Per non parlare del tesseramento e delle correnti organizzate, che sono vero piombo nelle ali dei partiti. A cominciare dal Pd. Oggi se un giovane vuole iscriversi al partito rischia di dover prima iscriversi ad una corrente. Attenzione: più un partito è aperto alla società meno esposto è al rischio di infiltrazioni malavitose. Se invece è chiuso in sè stesso... ».Sta fotografando la situazione del Pd?«Io dico questo. Le correnti che dicono di non essere correnti sono un errore. A cominciare dagli amici del premier, e lo dice uno che ha votato Renzi ma non si considera un “renziano”. Io lancio un allarme, spero venga raccolto».Raccolto come? Renzi dovrebbe commissariare il Pd locale?«Anche, perchè no? Bisogna contrastare le logiche del correntismo organizzato. Con persone sagge, fuori dai giochi. Rinnovando il tesseramento. Il punto è che ci sono due Pd. Quello nazionale e un altro sul territorio. E spesso la comunicazione è assente».Insomma il Pd deve rinnovarsi. Scusi, ma non c’è già stata la rottamazione?«Veda, secondo me una fase si è chiusa. Fase nella quale Renzi è stato molto efficace. E’ stato il velocista che da Firenze ha conquistato prima il partito e poi il governo. Ora deve cambiare passo, fare il maratoneta».Mantenendo il doppio incarico: leader di partito e premier?«Non vedo incompatibilità di principio. Ma per fare entrambe le cose ci vogliono due gruppi dirigenti. O se si preferisce, due squadre. Una di governo e l’altra di partito, entrambe più forti e più autorevoli. Con più presenze di personalità autonome. In grado di dire, con autorevolezza pari ad autonomia, sia nel Consiglio dei ministri che nella segreteria che si riunisce al Nazareno: caro presidente del Consiglio oppure caro segretario, ti stai sbagliando, stai facendo un errore. Due squadre in grado di non far pesare tutto sul segretario-premier. Perché oltre un certo limite tutto quel peso sulle spalle di uno solo non regge. Bisogna sbrigarsi, siamo già in ritardo».