In fondo tutto è cominciato da lui. Da quelle dimissioni da Guardasigilli del governo Prodi a causa di una inchiesta su sua moglie, che portarono alla caduta dell’esecutivo e poi alle elezioni. Vinte da Berlusconi. E a dieci anni di distanza, adesso che il conflitto tra politici e toghe riesplode con virulenza ancora maggiore, coinvolgendo nella bufera degli ultimi fatti di nuovo la Campania e il Pd, cosa pensa Clemente Mastella? Che ha fatto bene a dimettersi? O che doveva rstare al suo posto contro «la barbarie giustizialista» denunciata da Matteo Renzi? «Che le devo dire. Sono precipitato nell’inferno di un giudizio investigativo e giudiziario ingiusto e avvilente, ma... »Ma?«Ma ho sempre creduto e continuo a credere che magistratura e politica debbano rispettarsi in maniera seria, secondo il dettato della Costituzione. Senza interferenze ma riconoscendo il primato della politica, come è giusto che sia. Vedo che oggi la contrapposizione ritorna in forme violente. Una cosa che non fa bene a nessuno e soprattutto non fa bene al cittadino. Che resta centrale e invece finisce sullo sfondo».Veniamo al sodo. E’ vero o no che oggi la corruzione è maggiore di ieri e che chi corrompe non si vergogna più? Lo dice Piercamillo Davigo.«Mah insomma, i corrotti sono dovunque, ieri come oggi. C’erano nell’impero romano, nella Grecia di Atene, a Sparta, ci sono oggi e ci saranno domani. E’ uno dei vizi di fondo dell’uomo come tale. Detto questo, mi pare evidente che bisogna fronteggiare il fenomeno mediante gli strumenti che sono classici di una democrazia: investigare in maniera seria e condannare là dove ci sono le prove. Invece da noi sono stati tanti i casi in cui non sempre l’attività investigativa ha corrisposto all’esito dei processi».Quando Renzi in Parlamento ha tuonato contro la “barbarie giustizialista”, lei ha esultato dicendo: Finalmente?«Se fosse stato detto all’epoca delle mie vicende certamente sì, avrei esultato. Tanti episodi strani si sono intrecciati con col mio caso. Intercettazioni consegnate ai giornalisti senza che le chiedessero, presenze forse dei Servizi... Il tutto nell’indifferenza generale».Al dunque: lo scontro tra giudici e politici si può fermare sì o no?«Potrebbe essere possibile. Ma non c’è la volontà».Da parte di chi?«Mah non lo so, parlo sul piano generale. Fino a quando non si fa una vera riforma della giustizia si continuerà così. Ricordo che quando ero ministro, a volte mi rivolgevo ai miei collaboratori dicendo: forse a voler fare la riforma sono solo io, per tanti altri non mi pare. La verità è che ognuno vuole una riforma secondo i suoi criteri. La politica secondo alcuni, i magistrati secondo altri e il risultato è che non si fa nulla. E chi ci rimette sono i cittadini».Lei tira in ballo i cittadini. Ma i cittadini hanno il diritto di vedere perseguiti e condannati i corrotti. e se questo risultato, dati alla mano, non si ottiene di chi è la colpa: dei magistrati o della politici?«Che la politica debba autoriformarsi non c’è dubbio. Se vuole essere autorevole e credibile, è l’unica strada. Il punto è che in questo sforzo deve poter contare anche sull’aiuto e sul contributo della magistratura. Bisogna avere elementi chiari per dire se qualcuno è connivente o no con i poteri criminali, e spesso la politica non lo sa. Mentre invece i magistrati lo sanno sicuramente. E solo loro in grado di fare una valutazione preventiva».Sicuro? La tesi di molti giudici, compreso Davigo, è esattamente contraria: la politica sa benissimo quali sono le mele marce e i Pm lo scoprono invece solo dopo.«Ma non è vero, non lo sa».Neanche di Santa Maria Capua Vetere sapeva? Davvero la Campania è intrisa di camorra e chi fa politica inevitabilmente ci entra in contatto?«Molte parti della Campania oggettivamente sì, sono intrise. Chi vive fuori da quei territori spesso non sa neppure a chi stringe la mano. Vede, ricordo che in una circostanza prima di candidare una certa persona andai a parlare con il Prefetto. Il quale mi disse che sul suo conto, a parte la provenienza da zone che avevano problemi di criminalità, non c’era nulla. Lo candidai e poi invece mi ritrovai in difficoltà per le sue frequentazioni. Allora come si deve fare, da chi si deve andare, come ci si deve comportare? Operare in certe aree è davvero complicato. E poi ormai la criminlità mica si muove solo nel mezzogiorno, opera a livello internazionale. Basta ricordare i legami della ‘ndrangheta con la Germania, con il Canada, con gli ex Paesi del blocco sovietico. Qui in Italia è ovvio che le organizzazioni criminali si muovono inseguendo chi ha il potere, cioè il Pd. Sono loro che muovo appalti, gare, interessi... Mica vengono da me, che non conto nulla. ».Lei conosce Stefano Graziano, capo del Pd in Campania?«Sì lo conosco».Pensa sia un mafioso o un camorrista?«Per come l’ho conosciuto io, non mi pare proprio una persona con interessi mafiosi. Però insisto: si tratta di capire cosa si intende per rapporti con la camorra. Se le persone che incontri sono delinquenti o no, non lo sai; non lo puoi sapere. E’ come per le intercettazioni. Tu parli liberamenrte con una persona, come se fossi confidenzialmente davanti ad un caminetto e poi magari scopri che si tratta di una persona poco seria. Non lo puoi sapere. Se sei in buona fede e poi viene perseguito, soffri di un danno enorme, anche e soprattutto personale. Prendiamo Graziano, appunto, ora coinvolto in vicende giudiziarie come è toccato all’epoca a me. Quanto devi aspettare prima che la verità si faccia strada e tu sia scagionato? Uno, due anni? E già così è difficilissimo. Ma se poi gli anni diventano sei, sette, otto che succede? Sei distrutto. Anche se la sentenza è di assoluzione, mediaticamente e socialmente sei già stato condannato, hai già perso tutto. Come fai a tornare in pista? Impossibile».Lei però ora si candida a sindaco di Benevento. A proposito, come va la campagna elettorale?«Ci provo. Sapendo che non ho potere. E che non devo far carriera facendo il sindaco... ».