In Parlamento è aperta la battaglia sulla riforma della prescrizione. L’associazione magistrati chiede da tempo questo provvedimento. Molti procuratori in questi giorni hanno rilasciato decine di interviste ai giornali per sostenere l’assoluta necessità che la prescrizione sia riformata. Come? Su questo c’è una discussione. L’Anm vuole che sia allungata e che sia abolita dopo il rinvio a giudizio, o comunque dopo la sentenza di primo grado. Il Pd propone che dopo la sentenza di primo grado sia allungata di tre anni.Qualunque osservatore di cose italiane sa che il problema fondamentale della giustizia italiana è la sua lentezza. Nessuno discute che il problema sia quello. Colpisce la convergenza tra politici e giudici sulla necessità di affrontare questo problema allungando i tempi della giustizia. E’ evidente e inoppugnabile il fatto che allungando la prescrizione si allungano i tempi della giustizia (altrimenti non sarebbe utile allungarla). Dunque, se vogliamo riassumere il dibattito, un po’ surreale, che è in corso, le cose stanno così: politici e magistrati sono concordi sul fatto che è urgente accorciare i tempi della giustizia. E sono concordi sul fatto che la cosa da fare subito è allungare i tempi della giustizia. Discutono però su quanto sia necessario allungarli.Poi, a margine di questa discussione, c’è un articoletto della Costituzione, il numero 111. Trascriviamo le prime tre righe di questo articolo: «La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge. Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata». Non ci vuole uno studioso per capire che questo articolo della Costituzione è in netto contrasto con l’allungamento dei tempi della prescrizione e quindi dei processi.