Solo in Campania gli avvocati che lavorano per Equitalia sono 600. Un piccolo esercito. Che oggi si raduna a Napoli per valutare come comportarsi di fronte alle ultime indicazioni ricevute dall’agenzia. In una Pec inviata il 21 aprile a tutti i legali che seguono le cause per Equitalia Sud, si annuncia una riduzione dei compensi: d’ora in poi l’assistenza fornita da un avvocato per respingere il ricorso di un contribuente sarà pagata 50 euro. Se si tratta di “secondo grado”, per esempio di una lite in Commissione Tributaria, non si andrà oltre i 75 euro. Voci per le quali finora l’agente per la riscossione pagava più del doppio, rispettivamente 150 e 200 euro.Una stretta sostenibile solo per i grandi studiUna sterzata che rischia di mettere i professionisti in fortissima difficoltà. Di fatto si finisce per rimetterci, o comunque per non guadagnarci nulla. Nella riunione in corso nel Palazzo di giustizia di Napoli si fanno i conti, e sono conti molto semplici. Finora i legali che fanno consulenza legale a Equitalia hanno trattato una media di 100 ricorsi l’anno. A 150 euro, si tratta di un introito di 15.000 euro. Giusto quanto è indispensabile per coprire spese fisse come quelle dovute per il processo civile telematico, la fatturazione elettronica e l’aggiornamento professionale. A cui bisogna aggiungere altri 1.250 euro di polizza annuale, oltre all’immediata estinzione di qualunque debito nei confronti del committente, cioè di Equitalia, fosse anche una contravvenzione da poche decine di euro. Ora tutto cambia. E in peggio, per gli avvocati. Arrivare a quei 15.000 euro sarà possibile solo a condizione di triplicare il numero delle cause seguite e portarlo a 300. Grossomodo un paio al giorno, se si considerano i sabati, le domeniche e la sospensione dei termini feriali. Una roba accessibile solo ai grandi studi, che possono permettersi un’organizzazione ai limite della catena di montaggio. Gli studi legali di piccole e medie dimensioni saranno tagliati fuori.Pochi giorni per rispondereGli avvocati che lavorano per Equitalia Sud hanno pochi giorni per rispondere: entro la fine di questa settimana dovranno comunicare all’agenzia se intendono andare avanti o rinunciare agli incarichi. Rinunciare vorrebbe dire non recuperare più nemmeno le spese. Accettare però significa dover prendere in carico una quantità di contenziosi difficilmente sostenibile.Il nodo delle tariffeIn realtà la questione si inquadra nel nodo di fondo delle tariffe. Quelle ancora riconosciute per legge si chiamano ormai parametri e sono fissati nel decreto 55 del 2014. Ma sono sostanzialmente tenuti a rispettarli solo i giudici in sede di liquidazione delle spese. Non c’è inderogabilità né per il committente pubblico né per il privato. Il mercato insomma è fuori controllo: questo spiega perché un committente importante come Equitalia sia arrivato a ribassare a tal punto i compensi. I legali che assistono i contribuenti nei ricorsi chiedono anche meno dei 50 euro fissati dall’agente riscossore. Nell’ultimo anno poi il contenzioso è cresciuto in modo impressionante: in particolare da quando la Cassazione ha stabilito che l’utente non deve per forza attendere la notifica della cartella, per contestare un debito con Equitalia. Può anche limitarsi a verificare on line l’estratto conto e incardinare su quello l’impugnazione. Facilitazione che ha appunto moltiplicato i ricorsi. Equitalia intende mantenere fermo il budget per queste consulenze legali. Perciò ha scritto ai propri avvocati che se vogliono mantenere il rapporto dovranno più che dimezzare le parcelle. Il ragionamento di fondo fatto dall’agenzia è che ciascun legale vedrà commissionarsi comunque il triplo dei contenziosi rispetto al passato, e arriverà così a guadagnare le stesse cifre. Ma il punto è che solo i grandi studi potranno permettersi una cosa del genere.Il Cnf: ricorso all’AntitrustSiamo alla solita questione: l’annullamento dei minimi inderogabili, che risale alle ormai lontane lenzuolate di Bersani, ha fatto disastri, favorito le grandi concentrazioni anche nel campo legale, consentito alla committenza di spingersi a fare richieste sempre più difficili per i professionisti. È per questo che il massimo organo di rappresentanza istituzionale dell’avvocatura, il Consiglio nazionale forense, ha promosso un’iniziativa presso il governo per arrivare a una legge sull’equo compenso, l’unica via costituzionalmente percorribile per rimettere ordine nella giungla. Sul caso particolare di Equitalia, il presidente del Cnf Andrea Mascherin ha inviato una lettera all’agente per la riscossione. Si chiedono chiarimenti in modo da poter assumere le successive determinazioni. Nello stesso tempo, il Consiglio valuta un esposto all’Antitrust sull'abuso di posizione dominante. Non solo da parte di Equitalia ma di tutti i grandi committenti. Un modo indiretto per sollecitare la legge sull’equo compenso. Finché ci saranno legali che chiedono solo 20 euro per impugnare una cartella esattoriale, difficilmente i compensi per gli avvocati di Equitalia saliranno. È un circolo vizioso, che impoverisce i professionisti, rende fin troppo conveniente il contenzioso fino a farlo diventare gigantesco, altera insomma i rapporti tra amministrazione e utenza. E mortifica all’inverosimile la professione forense.