Questa è stata la settimana nella quale Matteo Renzi ha lanciato l’offensiva garantista. E’ stato coraggioso. Ha sfidato la parte più conservatrice della magistratura, e l’ansia di potere e di controllo sulla società che ne è la caratteristica principale. La risposta non si è fatta attendere. Prima con le dichiarazioni del nuovo presidente di Anm (il potentissimo sindacato dei magistrati) Piercamillo Davigo, il quale ha lanciato alla politica una vera e propria richiesta di resa. Ha detto che quando i giudici hanno dei sospetti su qualche esponente politico, il partito al quale appartiene - o il governo - deve cacciare via quel politico e non fare storie. E se poi è innocente? Poco male. Il bello è che questo proclama di Davigo ha coinciso con la notizia che dopo quasi nove anni si conclude definitivamente l’inchiesta “Why Not”, una delle inchieste - diciamo così - politiche, più importanti dell’ultimo decennio. Provocò la caduta del governo Prodi, nel 2008, e la gogna per un gran numero di esponenti della politica calabrese e nazionale. Come si è chiusa l’inchiesta? Tutti assolti. Tutti. Centinaia di persone, o se volete di poveri cristi.Voi direte: beh, però il magistrato che ha combinato questo putiferio dovrà risponderne. No, no, il magistrato in questione, che si chiama De Magistris, è sindaco di Napoli e sembra una persona molto soddisfatta del lavoro che ha fatto.Ieri, dopo l’uscita di Davigo, è arrivato un secondo segnale a Renzi. Il segnale sta nel titolo di apertura sempre del Fatto Quotidiano(cioè dello stesso giornale dell’intervista a Davigo). Il titolo dice così: «Ecco perché Renzi attacca i Pm: il Pd ha 124 indagati e imputati». La notizia non c’è, perché tutte queste indagini alle quali si riferisce il giornale sono aperte da tempo. Ma il titolo fa capire che i magistrati hanno una clava in mano, e in qualunque momento potrebbero colpire. Ci sono un paio di righe sottintese, in quel titolo: «Attento, Renzi, anche al tuo papà, e al papà della Boschi... »Cosa vuole l’Anm, da Renzi? Che alle parole non faccia seguire i fatti. Soprattutto che non tocchi le intercettazioni, che sono una delle leve essenziali del potere di pezzi della magistratura e sono il cemento dell’alleanza tra magistratura e mondo editoriale, e cioè della forza che oggi tiene sotto scacco tutto il mondo politico.Ora però c’è una questione che non può essere messa sotto silenzio. Il nuovo garantismo di Renzi è vero garantismo o no?Perché facciamo questa domanda? Perché, come potete leggere in queste pagine, il governo sta preparando un decreto sull’ordine pubblico nelle città che, a giudicare dalle indiscrezioni, rischia di essere una creatura così’ feroce da fare invidia a Salvini e anche alla Le Pen. Il decreto, per come lo ha illustrato al “Messaggero” il sindaco di Firenze, Nardella, prevede un formidabile dispiegarsi di misure repressive (contro gli ambulanti, contro i mendicanti, contro i giovani, contro le prostitute) che finora nessun sindaco si era mai sognato.Naturalmente è buona cosa, prima di giudicare un decreto, aspettare che sia scritto. E noi ci auguriamo che il decreto, quando uscirà, non assomiglierà nemmeno un po’ a quello descritto da Nardella. Però il dubbio di un garantismo “a due velocità” è legittimo. Anche perché in passato lo abbiamo visto molto spesso. E poi per un’altra ragione: cosa c’entra il decreto d’urgenza con le misure per l’ordine pubblico nelle città? L’urgenza, potrebbe sospettare qualche gufo, sta solo nel fatto che si apre la campagna elettorale e un po’ di populismo “manettaro” rende sempre qualche voto...Speriamo di sbagliarci. E speriamo che Renzi capisca quello che il partito democratico raramente ha capito: il garantismo non è un comodo mezzo per difendere la società politica dalle inchieste giudiziarie, ma è l’aspirazione a costruire una società costruita sull’esaltazione dello Stato di diritto e non sulla logica della pena e della repressione. Se non è così il garantismo non serve a niente. Anzi, non esiste.