E' una storia urbana contemporanea quella che è cominciata il 31 marzo a Parigi dopo la sfilata contro la legge del lavoro del governo Vallse. La legge è una specie di jobs act ancora un po’ peggiorata. Del resto, in questi nostri tempi, ciò che viene dopo è quasi sempre peggio di quello che l’ha preceduto. Ma quel che non è prevedibile è la reazione che il nuovo atto del governo può suscitare nel paese. Neppure a Parigi nessuno aveva previsto l’evento di Place de la Republique.Invece tutto è accaduto improvvisamente la notte del 31 marzo quando, invece di tornare a casa, una moltitudine di manifestanti si è insediata in un luogo simbolo della Parigi repubblicana, nel suo cuore, e non si è mossa più da lì. Hanno dormito e hanno vegliato sui teloni, sui cartoni, sul suolo duro e freddo dei sanprietrini. All’alba i manifestanti sono stati sgomberati dalla polizia che li ha attaccati e dispersi, ma, la sera, essi sono ritornati a prendere possesso della piazza, malgrado la pioggia e lo spiegamento di polizia. Non sono andati a dormire, hanno discusso, cantato e discusso ancora. Hanno trascorso la notte in piedi, nasceva così Nuit deboit. Il movimento si è esteso in sessanta città della Francia tra scioperi e manifestazioni. I manifestanti, nel frattempo, sono diventati il doppio di quanti erano al primo giorno di sciopero nazionale, il 9 marzo.Chi sono? Sono per lo più giovani, giovani precari come tutti, sono per lo più studenti chiamati alla lotta dal loro sindacato, la storica Unef. «Se non lo facciamo noi che abbiamo tempo a disposizione chi lo deve fare questo lavoro», hanno detto. I conservatori sbalorditi si sono chiesti: ma perché questi giovani studenti senza lavoro sono i protagonisti della lotta contro la legge che colpisce i lavoratori attivi? Quei giovani hanno risposto che lo fanno perché non vogliono essere “ni chair à patron, ni chair à matraque”, né carne da macello per le imprese, né per i manganelli. Si sono messi in uno scontro frontale contro il governo socialista. Non gliene può importare di meno. Il governo di Hollande, ha del resto, da tempo cambiato di campo ed è stato sepolto dalla vergogna a Pas de Callais. Così questi giovani si sono trovati sulle strade a gridare “El Khomri à l’usine, Valls à Cayenne, Hollande a Saintè-Hèlène”.L’invito El Khomri se l’era meritato, essendo il ministro che ha dato il nome alla legge sul lavoro. Questo movimento di giovani è nato da una costola di uno sciopero generale. Bella nascita. Ma ora la sfida si fa molto impegnativa. Perché è quella da cui dipende la conquista della propria autonomia e, in ultima analisi, il futuro del movimento. Ora si va verso il secondo tempo dello scontro che si aprirà con lo sciopero sindacale del 28 aprile. La legge del lavoro sarà portata dall’Assemblea nazionale il 3 maggio. Quel che è sicuro è che non avrà vita facile. Gli studenti non si sono fatti irretire dalle manovre del governo e continuano a inventare nuove forme di incontro e di partecipazione. Nelle assemblee a Place de la Republique tutti possono prendere la parola, tutti sono chiamati a iscriversi per dire la loro e farsi ascoltare. Si costituiscono gruppi di studio e di lavoro quando e dove sembrava impossibile.Nuit deboit prosegue il suo imprevedibile cammino. I sindacati Cgt, Sud, Fo, Fso mantengono forte la loro richiesta di ritiro completo della legge. L’incontro tra esperienze, storie e movimenti sociali così diversi non è certo facile. Ma nei loro documenti abbiamo letto che «la convergenza delle lotte non è un mito, né il disco rotto di militanti ottusi, ma la carta vincente di questo movimento». Da Le Havre è venuto un segnale che sembra incoraggiare questa volontà. Una lavoratrice del porto ha raccontato che lì la Cgt ha votato una mozione in cui si dice: «Se la polizia tocca uno studente, blocchiamo il porto». E ha aggiunto orgogliosamente che fino ad allora la minaccia aveva funzionato. Intanto, ricordando la tradizione rivoluzionaria francese, i manifestanti hanno fatto nascere un nuovo calendario. Esso si ottiene prolungando il mese di marzo perché questo è stato il mese dell’inizio della lotta. Oggi siamo dunque al 51 di marzo e per le strade di Parigi risuona il “Tous ensemble” dei grandi scioperi del 1995 e, da più lontano ancora, l’antica parola d’ordine delle “convergence de luttes”. Certo sarà difficile raggiungere e coinvolgere, come sarebbe necessario, il popolo banlieue, il popolo delle povertà e dei discriminati. Non è vero però che questo movimento è il “crepuscolo dei bobo” come ha scritto Le Figaro. Neanche le cariche violente e sistematiche del 9 aprile hanno fermato l’onda di Place de la Republique. Le vecchie e le nuove lotte dei sans papier, quelle degli occupanti, come quelle dei lavoratori che riprendono la via dello sciopero incontrano questo onda da cui prendono forza, sebbene in modi diversi, e ancora aperti ad ogni esito possibile. Sarebbe incoraggiante per tutta l’Europa se i manifestanti di oggi potessero proclamare, come i loro padri di ieri, «c’est ne pas qu’un debut, continuons le combat». E lo sarebbe ancor più se si potesse pensare che questa volta andrà meglio di quella pur straordinaria e affascinate di allora.